Clemente di San Luca a TN - “Uniti per sconfiggere chi non rispetta le regole”

Guido Clemente di San Luca, Docente di Giuridicità delle regole del calcio presso il Dipartimento di Giurisprudenza dell'Università Vanvitelli, commenta così il momento del Napoli sulle pagine di Tuttonapoli.net
“Questo articolo è rivolto a chi, come me, pur sentendosi tifoso e competente, non dispone di un «quoziente intellettivo rilevante». A chi, cioè, detesta e biasima le «relazioni tra adulti,basate sui soldi e sulle convenienze personali», continuando ad essere convinto che tali «adulti», ridottisi a schiavi del potere e del danaro, hanno sviluppato una struttura psicologica imperniata perintero sul cinismo distaccato. Insomma, è rivolto a coloro che,romanticamente, si sentono diversi da questi «adulti» emancipati edissacratori, i quali, per godere del piacere – visto che (in una intelligenza dell’esistenza umana volutamente limitata) negano i sentimenti amorosi, le passioni, la empatia, la continua reciprocaosmosi fra i componenti di una comunità (che da noi prende laforma esclusiva denominata ‘napolitudine’) –, sono condannati, è ovvio, ad un tristissimo onanismo intellettuale.
Il vero tifoso azzurro, dunque, non può che compiacersi diricevere la qualificazione di «tifosotto», vista la fonte da cui proviene. Il neologismo spregiativo, infatti, racconta di tutta la spocchia supponente e gradassa, e persino tracotante(considerando che, in perfetto stile trumpiano, è edificata su fragili fondamenta culturali) di chi l’ha coniato. Se ne compiace perché –come ha ben spiegato McBlu76 («La Napoli bene»), del quale sento e leggo pur non essendo presente sui social – adesso è soltanto concentrato sul pezzo: a Venezia, domenica alle 12,30(orario infausto, che ci tocca troppo spesso per non insospettire);al Maradona col Milan dopo la sosta; e a Bologna subito a seguire.Dobbiamo fare 7 punti. Se li facciamo, il sogno continua. Almeno per adesso, quindi, ci importa assai poco delle vicende societarie dell’avvenire, dei configurabili scenari per il futuro (prossimo o remoto che sia). Figuriamoci, poi, se consistono in vere e proprie elucubrazioni.
Del resto, per loro caratteristiche naturali, i veri tifosi del Napoli (o almeno la più consistente parte di essi) – come vado faticosamente predicando sin dall’inizio della stagione – hanno sempre mantenuto distinte ‘capacità professionale’, da un lato, e‘ attitudine a rappresentare un popolo’, dall’altro. Non si lasciano turlupinare, quindi, dal turismo di facciata (dal San Carlo a Scampia, fino alla Reggia di Caserta, senza mai cogliere una sola occasione per smentire la distante ‘freddezza’ del professionista,anche bravo, ma solo questo, e pure un po’ esagerato nel celebrare se stesso: «Si sta facendo passare per normale quel che normale non è. Ti vendono il migliore, è normale. Mancano i giocatori, è normale»; no, non è normale, nemmeno però si può pensare che la meritoria ricostruzione fosse possibile per nessun altro!). Né si sentono sfiorati dalle astiose critiche avanzate nel segno di un fumoso neoilluminismo di quart’ordine che, dopo più di due secoli, ancora stenta a capire gli errori di de Fonseca Pimentel e compagni. Quegli stessi errori che, mutatis mutandis, si persevera nel commettere – tali e quali – nel mondo contemporaneo, che purtroppo attraversa di nuovo un momento tragico, lasciandoci sgomenti.
Lo ha ribadito Galli della Loggia sul Corsera di mercoledì scorso, illustrando i limiti del «nuovismo “progressista”», per spiegare ciò che «è avvenuto nel corso degli ultimi decenni nello spirito pubblico dei Paesi del nostro continente». Tutte le élite,anziché sforzarsi di ascoltare il Paese reale, hanno «abbracciato il partito dell’“ideologicamente corretto”», assumendo «un atteggiamento di supponente superiorità, se non di aggressiva ostilità, nei confronti di chi la pensava diversamente», nella convinzione che ciò che «è “liberal” e parla inglese sia sempre migliore e più conveniente di quanto esisteva ieri o parla italiano».Ebbene, ahimè, per la parte più cospicua dei ceti sfavoriti della popolazione, «questa egemonia del nuovismo ha significato uno strappo doloroso con la propria identità», generando un moto di ribellione verso l’albagia delle élite, che così sono finite per«cadere nelle mani del demagogo di turno e dell' incompetenza plebea». In definitiva – ci fa riflettere lo storico – le élite sono indispensabili per le società democratiche, ma a patto che siano esse stesse in primis capaci di praticare la democrazia.
Il discorso si va facendo troppo serio (ma niente è più serio del pallone, se lo si percepisce appena un po’ oltre la superficie becera). Prima di tornare al Napoli e concludere, solo un ultimo richiamo al ‘paradosso della democrazia’. Proprio perché è tale,consente di diventare maggioranza anche a chi si propone di azzerarla: per sopravvivere, perciò, essa necessiterebbe di strumenti autoritativi che lo impediscano, ma questi ne negherebbero l’essenza costitutiva, che si fonda sul diritto di esprimere il dissenso. E però, può mai parlarsi di dissenso quandosi è costretti dentro una guerra? Specialmente noi – che,convivendo ormai con la terra che trema, avvertiamo fortissima la sensazione di precarietà esistenziale – non possiamo non metterci,emotivamente, nella pelle degli ucraini o dei palestinesi, e avvertire la loro disperazione. Istintivamente, sentiamo forte il desiderio di stare al posto di Zelenski, in quel video generato dall’IA, per poter sferrare a Trump un poderoso cazzotto. Lo stesso desiderio che proviamo, sempre, quando vediamo le ingiustizie.
Anche quelle che siamo costretti a sopportare nel seguire le competizioni calcistiche, di ogni livello. Senza voler apparire sacrilego, medesima è la natura del sentimento. Quello che, per capirci, seguendo (interessati) Juve-Atalanta di domenica scorsa –nonostante, per le dimostrate capacità della Dea, si facevano più concrete le preoccupazioni cui avevo accennato dopo la sua eliminazione dalla Champions, ribadite nel pezzo di domenica scorsa –, ci ha visti gaudenti nel constatare la mortificazione,l’umiliazione dei bianconeri. Registrare che l’odioso tiranno è lì,nella polvere, genera una soddisfazione assoluta, impagabile. Sarà provinciale, come certamente riterranno – secondo me a torto – i profeti neoilluministi. Ma così è. Se ne facciano una ragione.
Ed è esattamente questo il sentimento che ci anima nella volata finale. Sconfiggere i satrapi. Quegli arroganti e prepotenti,la prevaricazione delle regole a favore dei quali viene giustificata con argomenti privi del benché minimo fondamento giuridico. In questo modo, l’abbraccio sfacciato in piena area del difensore all’attaccante viene spiegato affermando che «la valutazione della trattenuta è affidata al campo», e che «evidentemente in sala VAR hanno valutato che l’entità del contatto fosse stata già valutata in campo da parte dell’arbitro Colombo». Oppure, la spinta evidentemente fallosa dell’attaccante al difensore – che, solo per effetto di questa, fa l’autogol decisivo – ritenuta dal solito presunto ‘esperto’ come «un normale contrasto di gioco».
Finanche alcuni commentatori nostrani hanno scelto di non prendere le distanze, d’un tratto assumendo la postura di difensori della irreprensibilità del ‘sistema’, perché, non di illegittimità si tratta, bensì solo di «errori arbitrali punto» (dimenticando la differenza fra «errore scusabile» e quello non tollerabile in quanto privo di spiegazione plausibile), e perché quelle sugli «aiuti all’Inter» sono «tutte cretinate diciamocelo chiaramente», visto che «nel secondo tempo li hanno asfaltati» (trascurando che, nel farlo, sono stati agevolati da un arbitraggio buono per il rugby).
Fratelli di tifo azzurro, prepariamoci. Se continua così, per riuscire a vincere il titolo, dovremo essere non forti, ma fortissimi. E ricevere pure la benevola protezione del Santo patrono".
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