Guido Clemente di San Luca a TN - "Risultato di Napoli-Inter è illegittimo, legalità è stata calpestata"
Guido Clemente di San Luca, Ordinario di Diritto Amministrativo all'Università della Campania Luigi Vanvitelli, ha espresso alcune considerazioni per Tuttonapoli sugli episodi arbitrali di Napoli-Inter.
"Domenica sera non avevo voglia di andare allo stadio, perché nella notte fra sabato e domenica ho perso un amico carissimo. Ci sono stato con il dolore nel cuore. Questo non mi ha impedito di indignarmi, prima per la direzione arbitrale, e poi per la vergognosa trattazione di questa nei commenti delle trasmissioni delle piattaforme televisive nazionali. Bisogna spiegare perché i commenti dei vari Casarin, Caressa, Marchegiani, Marelli e così via, rappresentano vere e proprie istigazioni al mancato rispetto delle regole.
La «valutazione di campo» ed il «contatto lieve» – continuamente invocati – sono vere e proprie invenzioni degli ‘alfieri’ del sistema, per giustificare la conservazione del più ampio arbitrio nella direzione delle gare. Nel Regolamento e nel Protocollo VAR non ve n’è traccia. Le gravi violazioni vengono subdolamente celate dietro la sussistenza di una inesistente discrezionalità interpretativa. Semplicemente perché il Regolamento ed il Protocollo la contemplano soltanto in fattispecie assai circoscritte. Non in quelle dei due episodi di Napoli-Inter in discussione.
La giustificazione che danno è nella scarsa conoscenza delle dinamiche del gioco, che sarebbe patrimonio esclusivo dei pochissimi ex calciatori o allenatori al soldo delle piattaforme. Ho giocato a calcio a livello amatoriale per 50 anni (fino a che, ai 65, le ginocchia hanno definitivamente ceduto), e posso dire in piena serenità che, da sempre, ho riscontrato un’applicazione sistematicamente arbitraria delle regole: l’arbitro si atteggia come giudice (e non funzionario di polizia quale effettivamente è), e sovente conduce la partita dove vuole in maniera ‘scientifica’, influenzandone gli esiti in maniera talvolta indecentemente eclatante. Come domenica sera (basti osservare la iniqua distribuzione dei cartellini gialli).
Il risultato di Napoli-Inter è obiettivamente illegittimo. Il VAR è stato introdotto per circoscrivere gli errori (fisiologicamente inevitabili) dell’arbitro, al fine ultimo di garantire il risultato più giusto. Per il gioco espresso, il giusto risultato del primo tempo sarebbe stato il Napoli in vantaggio. E invece, per una decisione illegittima – inopinabilmente! – ha chiuso in vantaggio l’Inter. Ad inizio secondo tempo, un’altra decisione illegittima – inopinabilmente! – ha impedito il pareggio del Napoli. Così l’Inter ha poi raddoppiato e la partita si è messa su un binario che ha consentito il netto dominio dei nerazzurri nell’ultima mezz’ora.
La non opinabilità delle illegittimità deriva dalla insussistenza di discrezionalità valutativa nella rilevazione dei due fatti. Rilevazione che, per errore, certamente può sfuggire all’arbitro. Non può però sfuggire al VAR, a meno che non vi sia un difetto della macchina. Il VAR ha il dovere giuridico di richiamare il direttore di gara per rivedere l’episodio. Se non assolve ad esso, sussiste il presupposto oggettivo della frode sportiva: «raggiungere un risultato diverso da quello conseguente al corretto e leale svolgimento della competizione». Gli interventi di Lautaro e Acerbi integrano senza discussione la fattispecie della negligenza.
La Regola 12 prescrive che «Un calcio di punizione diretto […] è assegnato se un calciatore commette una delle seguenti infrazioni contro un avversario in un modo considerato dall’arbitro negligente, imprudente o con vigoria sproporzionata». Le infrazioni sono: «caricare; saltare addosso; dare o tentare di dare un calcio; spingere; colpire o tentare di colpire (compreso con la testa); effettuare un tackle o un contrasto; sgambettare o tentare di sgambettare». La disposizione precisa altresì: «“Negligenza” significa che il calciatore mostra una mancanza di attenzione o considerazione nell’effettuare un contrasto o che agisce senza precauzione». I due episodi integrano obiettivamente, senza discussione, falli da sanzionare.
Ora, secondo i principi basilari dello sport, a determinare la squadra vincente dovrebbe essere il suo rivelarsi migliore, più forte, esclusivamente sotto tre profili: atletico, tecnico-tattico, psicologico-caratteriale. Chi sostiene che non si debba usare il condizionale, perché è così che accade, si ostina a non voler vedere ciò che si manifesta agli occhi di tutti, e che molti addetti ai lavori accettano di riconoscere a chiare lettere soltanto dietro le quinte, esplicitando che (per ragioni facilmente intuibili) mai lo ripeterebbero in pubblico.
Si percepisce la presenza di una sorta di ‘potere occulto’ che influisce in modo non insignificante sul regolare svolgimento del campionato, non garantendo l’imparzialità del risultato sportivo. Si sente ripetere, in maniera costante e tralaticia, una famosa frase di Vujadin Boškov: «Rigore è quando arbitra fischia». Una massima che (nella più diffusa inconsapevolezza) lascia trasparire quanto ci sia consegnati al primato della effettività. Una deriva molto pericolosa.
Il diritto non si risolve solo in ciò che si ricava dagli effetti concretamente prodotti da atti e comportamenti nella vita reale – e dunque dal mero essere – consegnando la sua definizione esclusiva all’opera dei giudici, così appiattendosi sulle loro decisioni. Senza tenere in alcun conto quanto prescritto dalle norme – il dover essere –, come se il diritto coincidesse per intero con (e si risolvesse nel-) la effettiva capacità del tale assunto di imporsi. Questo è il compito della scienza giuridica.
Non è l’arbitro a definire se è rigore o no. A lui spetta soltanto di far rispettare le norme che disciplinano i comportamenti. E nel farlo non può creare la regola appropriandosi di una discrezionalità valutativa che la regola non contempla: quando decide, si deve limitare ad applicarla".
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