Esclusiva

Clemente di S. Luca a TN: "Il deludente mercato ha messo Conte in una botte di ferro"

Clemente di S. Luca a TN: "Il deludente mercato ha messo Conte in una botte di ferro"
Oggi alle 14:30Esclusive
di Arturo Minervini

Guido Clemente di San Luca, Docente di Giuridicità delle regole del calcio presso il Dipartimento di Giurisprudenza dell'Università Vanvitelli, commenta così il momento del Napoli sulle pagine di Tuttonapoli.net

L’ultimo fine settimana, dal campo alla chiusura del calciomercato, ha lasciato i tifosi azzurri in uno stato fra il disorientamento e la delusione. Non raccontiamoci frottole: noi stiamo lì a vedere tutte le partite che interessano, ragionando in funzione della competizione per lo scudetto. Ieri sera abbiamo spasmodicamente tifato viola, e gioito tanto. Del mercato in sé, delle notizie di questo mondo fondato sulle opacità e certamente poco apprezzabile quanto a valori, ci interessa poco. Soltanto se, e nella misura in cui, ne viene influenzata la capacità competitiva della squadra. All’esito degli ultimi accadimenti abbiamo poche certezze e molti dubbi. E possiamo avanzare una (sia pur ardita) supposizione.

1. Poche certezze. La prima – negli ultimi giorni passata troppo in sordina – è che gli arbitraggi sono sempre più vergognosi. E ancor più scandaloso è il racconto che ne fanno i media nazionali. Il rigore per l’Inter nel derby e i due per il Napoli a Roma non sono opinabili. La ignoranza tecnico-giuridica del ‘sistema’ arbitrale e dei commentatori è veramente clamorosa. Non si possono sentire commenti del tipo «Secondo me, su Politano non c’è rigore», oppure «Secondo me, quello con Thuram (o quello con McTominay) è un normale contrasto di gioco». In casi del genere, stando alla Regola 12, si tratta, senza alcuno spazio interpretativo, di «negligenza». L’arbitro può non aver visto che ci sia stato il contatto. Il VAR no. Ed ha il dovere giuridico, sancito dal Protocollo, di richiamarlo alla review. I commenti dei sedicenti esperti che giustificano le decisioni illegittime sono addirittura comici per la loro eclatante approssimazione. «L’ammonizione di Politano non c’è, ma non è rigore!». Un’affermazione intrinsecamente contraddittoria. Se è stato toccato – come le immagini dimostrano incontrovertibilmente – ebbene allora non c’è da discutere. Nel Regolamento la più o meno intensa «lievità» del tocco non esiste. È una vera e propria invenzione, costruita ad arte per assegnare al direttore di gara uno spazio di arbitrio assoluto. Il continuo e costante ripetersi di tali improprietà (ove non si tratti di vere e proprie nefandezze) ci ha definitivamente convinto di lavorare per istituire all’Università un “Osservatorio sulla interpretazione e applicazione delle regole del calcio quali norme giuridiche”.

La seconda certezza è l’invocazione a vanvera (specie da parte di qualcuno nella stampa locale) di «coerenza» e di «deontologia professionale». Laddove, rapiti dalla fascinazione dei risultati, nessuno evidenzia (e gli contesta) la palese incoerenza delle dichiarazioni di Conte. Prima solletica l’orgoglio territoriale dichiarando che Napoli dev’essere considerata, non più come una tappa di passaggio, ma come una meta, e poi candidamente, come se niente fosse, sostiene l’esatto contrario: che non abbiamo, come altri club, i mezzi per fare un mercato importante. Contraddizioni su contraddizioni (su quelle tecnico-tattiche torno a seguire). Evviva la deontologia (ricordiamolo: quella propria dei giornalisti sarebbe di fare le pulci al potere, non di celebrarlo servilmente), di cui si dà ampia e felice dimostrazione, da un lato, licenziando in diretta tv un giornalista che sta solo civilmente manifestando il suo pensiero; dall’altro, facendo passare per vere delle falsità e gettando fango su colleghi che opinano diversamente, pur di rivestire di bello il ‘padrone del vapore’.

La terza certezza è che, ci siamo obiettivamente indeboliti. Avevo scritto che i soldi richiesti per Garnacho e Comuzzo – sempre se veri – non corrispondevano ad una loro valutazione corretta, non drogata dalle follie del mercato di riparazione. E quindi non andavano spesi. Ma è impensabile, per una società di livello, non disporre di un piano alternativo, da realizzare in tempi congrui, senza inseguire, fuori termini, sogni che, anche dall’esterno, si percepiva sin dall’inizio fossero assai difficilmente realizzabili. Dalle parole di Manna (espostosi senza viltà) si ricava che delle due l’una: o la società si è rivelata sprovvista del necessario know how, dando prova di sprovvedutezza e dilettantismo; oppure ha manifestato – sia chiaro, legittimamente – una dose copiosa d’insincerità, lasciando spazio ai dubbi che vi sia sotto un disegno imperscrutabile, sui tratti delineativi del quale non si può far altro che avanzare supposizioni. Fatto è che più d’uno mi ha scritto chiedendomi, ironicamente, «Ma chi sarà l’allenatore del Napoli l’anno prossimo?».

La quarta certezza sono gli errori commessi a Roma, a prescindere dalle illegittimità arbitrali. Ma non dovevamo difendere attaccando? E allora perché, al posto di Neres, mettiamo (non Ngonge, ma) Mazzocchi? E a difendere ‘basso’. Doveva entrare dopo, per Politano. E ‘alto’, in feroce pressione sui difensori avversari, come a Bergamo. È vero che a generare il pareggio nel recupero sono stati due errori individuali (McTominay e Mazzocchi), ma certo «nun ce vuleva ’a zingar’» per indovinare la strategia di Ranieri e predisporre gli antidoti.

2. Molti dubbi. I primi – tutt’altro che fugati dalle dichiarazioni di Manna, necessariamente ‘di facciata’ – concernono i rapporti endosocietari. Chi decide, chi comanda? Qual è realmente il rapporto fra ADL e Conte? E fra questi e Manna? E il giovane Direttore è bravo, o no? Ed è veramente autonomo, oppure soggiace, come da sempre, alla eminenza grigia Chiavelli? Alla fine, si è tenuto conto più della virtuosa (e dunque più che comprensibile) necessità di ‘sistemare i conti’, che non della circostanza, indiscutibile ma imprevista ed oltremodo eccitante, che la squadra è in piena lotta per lo scudetto? Insomma, il Napoli voleva effettivamente spendere? Ed è credibile che si siano trovati impreparati all’affaire Kvaratskhelia? Certo, al punto in cui si era giunti, era altissimo il rischio di perderlo a poco (potendo usufruire dell’art. 17 Regolamento Fifa). Ma era prevedibile che ci si sarebbe «ritrovati, non dico ricattati, ma quasi», se (dopo aver vinto lo scudetto contribuendovi in maniera decisiva, e vedendo che ad altri era stato rinnovato il contratto) non gli era stato subito proposto un adeguamento. Andava messo in conto che stesse pensando ad accasarsi altrove, potendo guadagnare il doppio di quanto avrebbe preso qui rinnovando.

Inoltre, siamo certi che Danilo – juventino nel profondo dell’anima, come ha rivelato la sua lettera di addio (meno male che ce lo siamo scansati!) – non abbia agito deliberatamente per fregarci? Possibile che, avendo piena contezza, ed esperienza diretta, della cultura comportamentale zebrata, ci si sia fidati ciecamente della sua parola? La vicenda Comuzzo non conferma forse che, dando Fagioli ai viola, Giuntoli ci ha beffati due volte?

Ancora, se alla fine s’è preso Okafor, perché non assicurarsi, per gli imprevisti nella volata scudetto, con un difensore affidabile (ad esempio, Ismajli), così lasciando andare a giocare Rafa Marin? Ma poi, perché (prima a Folorunsho, e ora) a Billing nessuno spazio? E perché così poco a Ngonge? I tre giorni di riposo e le prove di alcuni a Roma sono indizi di condizione atletica in calo?

Il dubbio più inquietante, però, è l’ultimo. Posto che gli esiti deludenti del mercato hanno paradossalmente messo Conte in una botte di ferro (a questo punto, se vince il campionato diventa un’icona eterna; se lo perde, ha un’attenuante gigantesca), questo è meglio per i tifosi azzurri?

3. Un’ardita supposizione. Tanti punti di domanda. A fronte dei quali, è lecito azzardare una congettura ‘spericolata’, e provare a ragionare avanzando un’ipotesi immaginifica. Senza per questo doversi meritare l’accusa di «sfascismo» o di «catastrofismo». Qualcuno strologa che il mister possa lasciare a fine stagione. E se, invece, ADL si stesse orientando a vendere (l’eventualità si paventa da tempo, riemergendo a momenti alterni, come fosse un fiume carsico) – volendo perciò mantenere una società finanziariamente solida e una squadra tecnicamente competitiva –, e i possibili acquirenti avessero richiesto proprio, quale requisito presupposto a garanzia della transazione, che a guidare il team debba esserci Conte (già avvertito del progetto)?