Da 0 a 10: la sentenza di Conte su Okafor, le pal*e quadrate di Scuffet, il pugno allo stomaco di Rrahmani e i campioni dell’Asso Mazzo

Zero minuti per Okafor che da quando è arrivato ha fatto quattro cameo in stile Hitchcock per un totale di 36 minuti in campo. Un dato che certifica il fallimentare mercato di gennaio, lo scellerato atto di superbia di cedere il miglior giocatore della Serie A, tale è Kvaratskhelia, e pensare di poterlo raffigurare con un figurante. Come se a metà riprese di un film da Oscar, lasciassi andare Robert De Niro e facessi girare le scene rimaste al Gabibbo. Non puoi credere che la qualità della pellicola resti la stessa, che il livello non si abbassi.
Uno come l’asso mazzo, il gioco in cui vince chi perde. Sembra andare così questo campionato, che nessuno vuol prenderselo per davvero. L’Inter pareggia a Parma quando è avanti di due gol, il Napoli spreca un’altra occasione, seppur contro un avversario tostissimo. La media scudetto si è abbassata tantissimo, i nerazzurri viaggiano con 14 punti in meno rispetto allo scorso e c’è la sensazione che abbiano più fragilità di quanto si racconti. Nel gioco delle carte ‘A volte vince il migliore, a volte il più audace, a volte il più fortunato’.
Due facce completamente asimmetriche. Come guardarsi allo specchio e non riconoscersi, quando appena quindici minuti prima ti eri specchiato ed eri orgoglioso di ciò che avevi visto. Una Biancaneve che diventa Strega Cattiva, una schizofrenia emotiva e fisica che non si palesa di certo per la prima volta. Nel primo tempo il Napoli domina il Bologna, lo annulla, potrebbe fare pure tre gol ma sbaglia le scelte decisive negli ultimi sedici metri. Nella ripresa, dal primo pallone della ripresa, il Napoli smette di vivere, s’accontenta di sopravvivere, si fa bottiglia che dondola nel mare senza nessun messaggio da consegnare. Difficile da accettare.
Tre punti, pochi, tanti, chissà. Il concetto non può essere valido in senso assoluto, ma c’è un numero che rende quei tre punti più ‘spaventosi’: nelle ultime nove partite, gli azzurri ne hanno vinte soltanto due. Pare palese che in queste ultime sette partite potrebbero servire sette vittorie per provare il sorpasso, e non è detto che bastino. Qual è dunque il vero Napoli? Quello delle ultime otto, o quello delle precedenti sette (tutte vinte)? Il calendario è favorevole, ma il calendario da solo non basta mai. Si può fare.
Quattro gare con quattro rimonte subite: Roma, Udinese, Lazio e Bologna. Se il rammarico fosse un peso sullo stomaco, questo dato avrebbe l’effetto di un “Puparuolo mbuttunat” ingurgitato alle 3 di notte. Roba che proprio non va giù, che resta appiccicata alle pareti dello stomaco, che ti toglie il sonno. Così come l’occasione capitata a Politano nel primo tempo (non si sa cosa abbia fischiato Massa) e quella a Rrahmani nel finale. I produttori del Gaviscon dovrebbero erigere un monumento per ringraziare i tifosi del Napoli delle cospicue e incessanti donazioni.
Cinque a Neres, con problemi di accensione al motorino. Si è ingolfato David, che si trova in un paio di situazioni col campo aperto, quel campo che prima attaccava come un Velociraptor, e non riesce distanziare il marcatore. Sbaglia tutte le scelte il brasiliano, perde molti palloni e non sfrutta le occasioni potenziali, come quando nel primo tempo non serve Lukaku appostato sul secondo palo preferendogli McTominay. L’infortunio pesa, la magia che sembrava danzare sui contorni della sua figura nel mese di gennaio pare svanita. Senza le sue invenzioni l’attacco del Napoli è come Chat Gpt che non sa descriverti la meraviglia di un’alba guardata in silenzio. Attacco arido.
Sei a Conte, una media tra l’8 del primo tempo ed il 4 del secondo. Prepara alla perfezione la gara, salta a piè pari la pressione del Bologna che non la vede mai, come uno che era pronto a sedersi sulla propria sedia preferita e invece non trova la sedia. Poi, però, Italiano reagisce, mescola le carte, alza l’intensità e manda in frantumi tutte le certezze partenopee. Qualche dubbio sui cambi: tardivi e poco coerenti con ciò che diceva il campo. Con la squadra rintanata, ma a cosa poteva mai servire Raspadori? La rigidità di Conte è la sua forza, ma può essere in alcuni casi anche un suo limite.
Sette a Lukaku, che nel primo tempo fa capire cosa vuol dire essere giocatore di pallone. Si mette a fare il Pivot, fare di vedere Nikola Jokic che smista giocate geniali a destra e a manca. Due aperture illuminanti per Neres, un tacco visionario che libera a centro area McTominay, la costante capacità di portare fuori il diretto marcatore e creare spazi, come nell’azione che porta al gol di Anguissa. C’è un dominio fisico e tecnico nei primi 45’ di Big Rom, abbandonato poi al proprio triste destina nel secondo tempo da una squadra che non ha trovato più le energie per sostenerlo.
Otto alle palle quadrate di Scuffet. Mica facile, trovarsi ad esordire, in una gara scudetto, col titolare era addirittura stato inserito nella prima distinta, tentativo matto e disperato di mettere in piedi Meret debilitato dall’influenza. Insomma, diciamocela tutta, la fiducia in Simone era poca, pochissima. C’erano brividi sparsi sulla schiena ed il timore che potesse pagare sotto l’aspetto emotivo. E invece, dal primo pallone giocato a testa alta, l’ex ragazzo prodigio ha fatto vedere di essere pronto a giocarsi l’occasione, con fermezza e lucidità. Come scriveva un ispirato Sorrentino: “La forza della timidezza. Smuove le montagne, crea i rapporti. E determina. Sì, determina. La timidezza determina il carisma. Gli sbruffoni terminano la loro camminata all'inizio del corridoio. I timidi procedono fino all'ultima stanza da letto e dentro hanno il merito di trovarci le belle tende e l'amore tenue”.
Nove alla cavalcata di Frank, che si fa settantadue metri e apre in due la difesa del Bologna come se avesse un bisturi al posto dei piedi. Che giocata di Anguissa, che annusa la possibilità e la esplora con tutta la forza che ha dentro: prepotente nello scatto, delizioso nei controlli che mandano fuori giri i difensori e pure Skorupski. Sono già 6 le reti di Frank che con Conte si è riproposto ad altissimi livelli, al punto che perderlo sarebbe un vero peccato. Aurelio, proviamo a trovare una soluzione per trattenerlo?
Dieci al fatto di essere ancora lì, che non è mica scontato. C’è sempre un passo indietro da compiere quando si analizza il campionato, ricordarsi delle premesse, delle problematiche, degli infortuni, delle cessioni sanguinose e inattese. NONOSTANTE TUTTO, il Napoli è lì a giocarsi lo scudetto, provando a ‘dare fastidio’. Ha ipotecato la qualificazione in Champions che darà nuova linfa al progetto, che aprirà nuovi scenari e le porte ad acquisti di primissimo livello. Ciò che eri ieri, non devi dimenticarlo. Ciò che sei oggi, è un pezzo di quel passato. Ciò che sarai, lo determinano passato e presente.
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