Fagioli confessa: “Scommettevo fino a 10.000€! Giocavo a calcio per ripagarmi i debiti"
Nicolò Fagioli, centrocampista della Juventus, è il protagonista del documentario 'Fragile' distribuito su Amazon Prime e dedicato all'approfondimento sulla ludopatia per la quale è stato squalificato 7 mesi nella scorsa stagione: "Ho iniziato a giocare a 16 anni facendo scommesse con gli amici, ma era un modo stupido per passare il tempo. Negli anni è peggiorato, diventato più frequente: mi svegliavo con la voglia di andare a scommettere. Nell'Under 23 ho iniziato a giocare più soldi del normale. E non lo facevo per vincere, all'inizio, non avevo bisogno di soldi ma dell'adrenalina che mi dava. Quando ero alla Cremonese, a gennaio prendo il Covid e mi rimane per un mese. Stavo in casa, era diventato automatico scommettere tanto ogni giorno e ho iniziato a capire che potevo avere qualche problema. Sono andato al Sert per parlare con qualcuno ma non mi sembrava tanto utile a me stesso, pensavo di non aver bisogno di persone specializzate per uscire da questa cosa".
Quando ha iniziato a capire che la cosa stava sfuggendo di mano?
"Nel settembre del 2022, quando sono rientrato alla Juve dalla Cremonese. Continuavo a sfuggire dai problemi ma le somme diventavano sempre più grosse… Non volevo ammetterlo a me stesso, quando vincevo ripagavo quanto perso prima. Sono andato avanti così dei mesi e nel momento più brutto stavo anche 12-13 ore al telefono, mi sembravano molte meno. Ci sono stati periodi in cui stavo sveglio la notte per giocare e il giorno stavo in stanza da solo per non farlo vedere. La puntata più alta che ho fatto è stata di 10mila euro in una volta: non è però tanto le puntate in sé, quanto la frequenza. Si sommavano soldi e diventavano sempre di più fino a centinaia di migliaia di euro. Ho capito che se andavo avanti si parlava di tutti i soldi che guadagnavo, praticamente dovevo giocare a calcio per pagare queste cose qua. E venendo da una famiglia normale, mi dispiaceva aver buttato via tutti questi soldi. Più che altro però era il problema nei rapporti, mi accorgevo che ero molto nervoso"-
Ci sono state anche minacce.
"Mi avevano scritto che mi avrebbero spezzato le gambe prima di una partita. E nemmeno sapevo chi erano, è veramente brutto… Lacrime a Sassuolo? In quel momento non sapevo come rientrare dei tanti soldi di cui ero fuori. E poi l'errore mi ha fatto vedere nero, ho iniziato a piangere. Una mattina ero a casa con Giulia (la fidanzata, ndr) e vedo che c'era la Polizia fuori, in borghese, volevano parlare con me. Io sapevo di avere una malattia, ero consapevole di dover risolvere un problema. All'inizio non lo ammettevo a me stesso perché volevo nasconderlo agli altri. Ero nulla, la domenica mi sfogavo ma mi allenavo poco e mi tenevo male fisicamente. Davo poca importanza, era come se il centro fosse il gioco. Ci pensavo anche in campo, inconsciamente: magari sbagliavo un passaggio o un assist facile e dicevo di essere distratto perché facevo altre cagate fuori. In quel momento il gioco mi dava adrenalina, mi faceva sentire un'emozione simile a quella quando sei in campo. Non è una parola giusta dire che si guarisce dal gioco d'azzardo, se a uno piace la Coca Cola continuerà a piacergli. Più che altro ci devi convivere".
Ci racconta come ha vissuto il rientro?
"Sono stati 7 mesi di agonia, ogni giorno mettevo una croce sul calendario e contavo i giorni. Ero sempre più incredulo, non vedevo l'ora, e giocare a Bologna era inaspettato. E tornare davanti ai tifosi contro il Monza è stata una grandissima emozione. So di aver sbagliato, ho buttato via 2-3 anni di vita e il mio tempo, quello da trascorrere con la mia famiglia. Che loro lo sapessero mi dava fastidio... Mi vogliono bene come io lo voglio a loro, mi sono stati sempre vicino. Brutto dire che sono in debito con loro, però gli devo tanto e mi dispiace che si siano subiti un bel po' di problemi e di merda di questa situazione. A tutti vorrei dire che quando sei bambino vanno ascoltate le persone più grandi. Ricordo che uno mi disse che se ogni tanto facevo una scommessa, poi poteva diventare una malattia. Io ci ridevo e invece aveva ragione. Parlatene prima possibile con i genitori, già alla prima volta, questo è il consiglio che do".
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