La storia siete voi: l'Eroe dei due mondi, Roberto Fiore

Il calcio è uno spettacolo, una partita è uno show di 90’ che inebria gli appassionati intrattenendo milioni di persone con un pallone come unico ed eterno protagonista. A capirlo, molto tempo fa, fu un ragazzo dall’intuito formidabile: Roberto Fiore.
Fiore era un vulcano. Se Lauro poteva essere Ibraimovic per leadership e protagonismo e Ferlaino poteva essere Inzaghi per “cazzimma” ed opportunismo, Fiore era assolutamente ed indiscutibilmente uno Xavi: calcolatore, metodico, semplicemente geniale.
Nasce da una famiglia di artisti, (“Venitem a truà, sto a Bellavista” è di papà Francesco), che per tirare avanti gestivano un bar che ogni giorno si popolava di sportivi ed è lì che il giovane, classe 1924, scoprì che il management poteva essere un vero e proprio stile di vita. Il bar arriva dopo un periodo molto cupo per la famiglia, dopo che Francesco da procuratore della Cirio, non riesce più a mantenere la famiglia, così Roberto a 16 anni è costretto a lavorare. Con il padre non al meglio della salute Roberto si impossessa dell'attività e la fa fiorire a tal punto che una volta ripresosi Francesco non riuscirà a conciliare le proprie idee con quelle del figlio e così Roberto andò a lavorare dal cognato facendo le fortune sue e del socio.
Diventa dirigente del Napoli nel periodo più buio della nostra storia, con la società di Lauro sull’orlo del fallimento ed in Serie B, scenario che purtroppo si ripeterà nei primi anni del terzo millennio. L'entrata di Fiore in società è fiabesca: Roberto, da appassionato, scrive una lettera a Lauro pregandogli di risolvere i problemi che affliggono la squadra così il Comandante convocò il ragazzo nella sua villa di via Crispi e lo portò ad un allenamento al Collana. Lauro era un abile comunicatore ed intuì che un giovane imprenditore sulla cresta dell'onda e noto in città poteva essere una grande occasione per il rilancio.
Dopo due partite da dirigente Fiore chiede a Lauro di esonerare Baldi, Lauro obbedì e così nacque la coppia Fiore-Pesaola perchè per riportare la squadra in Serie A fu scelto proprio il Petisso che centrò l'impresa e vinse anche la Coppa Italia.
Quello era periodo di elezioni con Lauro candidato a Sindaco ma Napoli, per una volta, non assecondò il presidente e così il Comandante si vendicò non rinforzando la squadra, Fiore chiedeva 5 acquisti, non ne arrivò nessuno e così si defilò. La guida fu affidata a Monzeglio che retrocesse di nuovo in Serie B così Lauro comprese l'errore e riportò al suo posto il giovane dirigente anche per cercare di sanare i debiti accumulati.
Fiore capì all’epoca che le società dovevano essere aziende vere e proprie (siamo negli anni ’60) ed intuì che il futuro erano le S.p.a. l’unico problema era farlo capire agli altri. Il proprietario era Lauro che da buon politico ed esperto manager nel momento di difficoltà si teneva alla larga dai guai, questo facilitò il compito a Fiore che, convertita la società, con il 23% delle azioni ne acquisisce i diritti. Per Roberto la società per azioni non doveva essere un mezzo per lucrare, doveva essere un mezzo per riuscire a tenere i conti in ordine perchè era stanco di fare i salti mortali per risanare i conti di una società in perenne recessione. Quel 23% di azioni è un premio che Lauro da a Fiore per il lavoro svolto ma resta un punto fondamentale: la società nasce già con 400 milioni di debiti, quelli che vuole il Comandante in virtù degli investimenti fatti. Come fare? Fiore si inventa l'abbonamento a rate e nel giro di due anni, con lo stadio sempre pieno, annulla debiti con società e con il vecchio presidente.
Il calcio non si fa da soli, è uno sport di squadra, e lo stesso vale per il “backstage”: la società deve essere forte, deve avere uomini preparati, per questo Roberto si circondò dei migliori dirigenti, di quelli più fidati, fece arrivare anche un certo Corrado Ferlaino che da lì a poco si sarebbe fatto un nome, e gli avrebbe fatto le scarpe.
Con la presidenza torna in Serie A, nella massima serie decide che il Napoli non può più bazzicare tra le anonimie di un campionato e fa il doppio colpo: Sivori e Altafini.
Il primo arriva grazie all’intercessione del comandante Lauro con gli Agnelli, il secondo arriva perché Core n’grato era in rottura con il Milan ed allora Fiore intuì la possibilità di prendere uno degli attaccanti più forti al mondo.
È tutta così la sua carriera, fatta di sogni e di desideri, fatta di fiuto per gli affari perché “Lo sport in genere, ma in particolar modo il calcio, funziona come la musica: bisogna avere orecchio per diventare bravi musicisti e la stessa cosa vale per il calcio. Non si può condurre i club come normali aziende, bisogna imparare come si fa con la musica, a orecchio. O ci riesci da giovane o non ci riesci più ed io credo di aver sempre avuto questo orecchio”.
Quella squadra era formidabile: Juliano in ascesa, Canè, Sivori, Altafini, un gruppo di ragazzi dal talento immane che si prostravano per la causa partenopea. Era un sogno e la città sentitamente ringraziava con 70mila abbonati all’anno.
Il Palmares rimase povero però: tanti buoni piazzamenti ed una Coppa delle Alpi. Il sognò finì presto perché Lauro volle tornare al timone della sua barca. Nel ’66 lascia la presidenza in favore di Gioacchino Lauro, il figlio del Comandante, perchè Lauro era spaventato dalla personalità di Fiore e dalla sua ascesa così Roberto, per rassicurarlo, gli fece vedere che non aveva ambizioni se non per il bene della squadra. Nel ’69 vende la propria quota a Ferlaino perchè dopo la morte di Corcione, uno degli azionisti del Napoli, l'Ingegnere acquisisce le quote che dovevano essere equamente divise tra lui e Fiore ma che, convinto da alcuni collaboratori di Lauro, tenne tutte per se. La vedova Corcione non voleva lasciare le azioni in mano a Ferlaino ma Fiore, accortosi del complotto di Lauro, per fare un "dispetto" al Comandante, lasciò la società e vendette le sue quote a Corrado Ferlaino.
La passione per il calcio e lo sport non può finire così però così diventa il direttore sportivo della Lazio, con scarsi risultati prima di ricominciare con Ischia e Juve Stabia. Il capolavoro arriva con la Pallanuoto. Da vero eroe dei due mondi unisce la passione per il Napoli calcio con quella per la città regalando lo scudetto con il Circolo Nautico Posillipo.
Se Lauro non avesse ripreso la squadra in mano probabilmente la nostra storia sarebbe stata molto diversa. Forse non avremmo dovuto aspettare gli anni ’80 per vivere l’Età dell’Oro del nostro calcio ma il lavoro di Fiore resta indimenticabile, resta indelebile. Chi ama non dimentica, grazie di tutto Presidente.
P.S.
Il pezzo appena letto è stato fatto con l'aiuto del collega Marcello Pelillo che ha illustrato alcuni passi della storia del Presidente ed ha curato il libro di Roberto Fiore.
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