La storia siete voi: Giovanni Vavassori, uno sfortunato difensore
Partire dalla fine, da quel Sampdoria-Napoli del 3 marzo 1974, da quel terribile infortunio che colpì Giovanni Vavassori e gli stroncò la carriera.
Vavassori era un promettente difensore all'epoca dei fatti, sempre preciso e puntuale negli interventi, punto cardine della difesa di Luis Vinicio che prediligeva il gioco corto ed il calcio totale. Comincia la carriera nell'Atalanta e fin da piccolissimo si segnala col suo talento e la sua visione di gioco e che ad appena 20 anni gioca già titolare in B con la Dea con cui vince il campionato nel '71 restando titolare anche in Serie A.
Dopo due stagioni a ritmi così alti il Napoli si convince che è lui l'uomo giusto, quello su cui puntare per il futuro. Le prime due annate sono strabilianti, per molti sarà il cardine della difesa della nazionale e fioccano i paragoni più illustri ma poi arriviamo di nuovo a quel tremendo marzo '74. Scontro nella propria metà campo e Vavassori che lascia il terreno dolorante, nessuno si aspetta però che la stagione sarebbe finita lì e che anche quella successiva sarà compromessa. In realtà non è solo la stagione ad essere compromessa: la tragedia lo ha cambiato, non sembra più lui ed è evidente che non tornerà più il difensore tanto abile ammirato nella prima fase della sua carriera.
Dopo un centinaio di partite in maglia azzurra e la soddisfazione della Coppa di Lega Italo-Inglese e soprattutto la Coppa Italia lascia Napoli e torna a Bergamo, nella sua Atalanta, dove diventa una bandiera nella sfortunata calata all'inferno della Serie C dei nerazzurri.
La carriera però non può finire in Serie C. Un talento sfavillante bloccato da un infortunio deve ritornare grande e così alla soglia dei 30 anni torna in A perché il Cagliari neopromosso voleva un difensore di qualità, personalità e affidabilità per cercare di mantenere la serie. Vavassori non bastò e la squadra sarda tornò in Serie B.
Cagliari sta stretta in B al difensore che se deve decidere di scendere di categoria lo doveva fare dove si trovava bene e lui, pur essendo un bergamasco di Arcene, si trovò bene a Napoli e sposò il progetto del Campania che in quegli anni voleva presentarsi come nuova potenza del calcio campano. Tutto questo non avvenne, Napoli è troppo grande per avere una seria concorrente nella stessa regione e così Vavassori decide di attaccare le scarpette al chiodo e di intraprendere la carriera da allenatore.
La prima squadra che ha fiducia in lui è di nuovo l'Atalanta che gli affida uno dei più fertili settori giovanili al mondo e lui ripaga vincendo anche uno scudetto in finale con la Roma del compianto Aldo Maldera.
Una carriera a girovagare per l'Italia quella del mister Vavassori con due maglie nel cuore: Napoli ed Atalanta.
Si è ritirato con la consapevolezza che "la vita, quando ci si mette, è veramente bastarda" e che comunque vada, chi ama non dimentica, chi ha onorato certi colori resterà per sempre nel cuore della gente che, per citare l'ultima perla elargita al Giffoni Film Festival da Giovanni Allevi "Il cuore, altro non è che il più imperscrutabile dei luoghi".
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