Da Zero a Dieci: gli indegni giudizi su Ancelotti, la dedica a Sarri di Ounas, il virus che blocca Dries ed il gesto di Insigne più bello del gol
(di Arturo Minervini) - Zero a quelli che non ci credevano. A quelli che volevano banalizzare la venuta di Ancelotti al Napoli, riducendola a semplice scampagnata di fine carriera. Spergiuri e blasfemi, irrispettosi come le previsioni di alcuni giornali che avevano provato a calpestare la dignità di una squadra che era e che resta forte. Molto forte. Ancora più forte adesso che esplora nuove strade, attinge da nuove risorse, distribuisce meglio lo sforzo per non arrivare col fiato corto. Zero a chi adesso sveste la maglia del contestatore ed indossa il finto sorriso di chi cambia idea a seconda del vento, come una bandiera che vive le giornate umiliata dall’incoerenza. Cambiare idea non è una colpa, avere un’idea corrotta dal pregiudizio invece sì.
Uno come il primo gol di Ounas in serie A. Frutto acerbo per Sarri, carta da giocare con frequenza per Ancelotti che gli regala la prima da titolare in campionato e viene subito ripagato. Come Nicolas Cage in ‘Next’ anticipa di qualche secondo l’idea folle di Locatelli e la trasforma in una giocata da applausi: piroetta alla Roberto Bolle che manda in tilt il malcapitato Magnani e sassata di controbalzo sotto la traversa che racconta di un talento tutto da scoprire. Chissà se avrà ripensato alle interminabili ore passata ad assaporare l’amaro pino nella scorsa stagione, chissà se questa vivacità non sarebbe stata utile alla causa lo scorso anno. La dedica di questa prima gioia, in ogni caso, non può che essere velatamente per Sarri. Ora, però, bisogna guardare al futuro. Lavorare. Capire come incanalare un potenziale che se trova la retta via può diventare davvero molto interessante. A fare la testa, come sempre, sarà la testa. Sarà la voglia. Sarà la fame. Sarà il sudore. Sei pronto Adam?
Due i gol di Mertens in campionato, molto simili, contro Milan e Juve. Due appoggi comodi in rete, troppo poco per chi ci aveva abituato a ben altre imprese. È un Dries quasi nostalgico quello di questa prima parte di stagione, brillante solo a tratti per poi ricadere in un torpore che non gli appartiene. Tutto il genio confinato in una lampada che attende di essere strofinata, lampada impolverata e sotterrata dalla sindrome post-mondiale che colpisce in parte anche Zielinski. Una luce sopita, uno splendore che deve tornare ad illuminare l’attacco azzurro al più presto. Ridateci il Dries, quello vero. Quello che può trasformare ogni pallone in un ricordo prezioso.
Tre interventi importanti di Ospina. Il colombiano sta ad un esteta della porta come Barbara D’Urso ad un convegno sulla verità, ma risulta lo stesso efficace. Senza fronzoli, senza eccessi, senza badare troppo alla retorica si trasforma in un distributore automatico di bevande che sputa fuori ogni tua moneta quando sei più assetato di Abebe Bikila all’arrivo di una Maratona corsa da scalzo. Ogni parte del corpo diventa funzionale allo scopo per questo sudamericano imprigionato nella mente di un abitante del Polo Nord per la sua compostezza emotiva. Se “Rigore è quando arbitro fischia” allora “Portiere è bravo quando palla non entra”. Non fa una piega.
Quattro su quattro al San Paolo, cinque su cinque con la Champions. Casa è un concetto che va oltre quattro mura. Casa è dove puoi ricordare al mondo che esiste un posto dove non può farti male. Casa è dove vuoi tornare appena vai via, casa è dove in fondo non vai mai via. Quest’anno chi entra a casa di questo Napoli sa che dovrà passare 90’ lunghi, che rischiano di diventare un passivo pesante. Una certezza in più per una squadra che aveva proprio bisogno di riscoprirle tutte queste certezze. Ora manca l’ultimo tassello: uno stadio pieno.
Cinque alle occasioni dilapidate come il patrimonio di una rock star che tende all’autodistruzione. Nel Napoli del primo tempo, assoluto dominatore del match, c’è l’animo dannato di chi rischia di sentirsi troppo forte da non considerare la sconfitta tra le opzioni che la vita ti può riservare, un’invincibilità che può trasformarsi in presunzione, quella che poi presenta conti salati da pagare. Specchiarsi troppo è arte fine a se stessa, sterile, poco produttiva. A dividere sconfitta e vittoria è la capacità della mente di considerare ogni occasione quella buona per mandare al tappeto l’avversario. Non si scherza col destino, sa essere più cattivo di qualunque essere umano.
Sei punti di distacco da una Juve in striscia continua. Mai come in questa stagione, però, la corsa dovrà essere svolta a testa bassa. Spesso non conta quanto veloce corri, ma quanto in te resti forte la volontà di correre. Di fare un metro in più. In un campionato monopolizzato dal potere totalitario bianconero, l’obiettivo deve arrivare più avanti possibile. Prendere una lunga rincorsa e staccare per un salto lungo un anno. Solo alla fine si penserà a quanto lontani si è caduti. Restando in tema di salto in lungo, Carl Lewis ripeteva spesso: “Sono nato per fare qualcosa di speciale. Non ho paura degli avversari ma solo di non poter essere un atleta perfetto”. Al Napoli non resta che sperare di essere il miglior Napoli, senza badare alla squadra di Allegri.
Sette reti in stagione di un Magnifico mai così Magnifico. Entra in campo e pare di vedere un bambino che gioca con la mente libera e la fantasia spianata verso confini inesplorati. Non ha bisogno di nient’altro che di un pallone per inventare un mondo fantastico, il resto lo fa la sua fantasia. Il destro immerso nello Stige come il corpo del grande Achille diventa la mente di un architetto senza limiti di spazio, un viaggio verso l’infinito che disegna nel cielo la parabola della perfezione. "È talento, come nell'arte. Esiste una linea che alcuni riescono a superare e altri no”. Quando si inarca leggermente e fissa un punto preciso alle spalle di Consigli, è tutto già scritto, già accaduto prima di accadere. Una proiezione in avanti nel tempo, una firma gloriosa a sfidare il potere degli dei. Il destro scivola leggero come la penna sul foglio di uno scrittore che ha già chiara la sua composizione. Va Lorenzo, come il pensiero su ali dorate.
Otto facce nuove rispetto al dominio sul Liverpool come inno alla coerenza nelle scelte che danno peso e corpo a questa nuova gestione. La batosta di Genova poteva indurre un timoroso a fare un passo indietro, a tirare il freno. Non è stato il caso di Ancelotti, che ha invece schiacciato ancor di più il piede sull’acceleratore. Questione di convinzione, di spalle grosse, di confronto empirico con la realtà del campo. Come il protagonista de ‘Il Vecchio e il mare’ di Hemingway Ancelotti non si è perso nella vastità di un mare che poteva sembrare avaro. Ha focalizzato tutto il suo lavoro su questo concetto: “Ora non è tempo per pensare a ciò che non hai. Pensa a quello che puoi fare con quello che c’è.” Traendo il meglio da ogni singolo elemento della sua rosa. Chiamatelo Santiago.
Nove alla cartolina più bella del pomeriggio napoletano. Insigne trasforma l’ordinario in eccezionale, la paura in esaltazione e poi corre, corre veloce verso la panchina. Cerca Marek, che lo aspetta prima di regalarsi l’abbraccio più bello. La trasfusione di una fede. La striscia che salda presente, passato e futuro. È la foto più intensa della giornata. È l'investitura ufficiale al capitano del domani. Un testamento ideologico scolpito nel DNA. L’azzurro che vive di azzurro. L’amore che diventa fedeltà. “Non camminare dietro a me, potrei non condurti. Non camminarmi davanti, potrei non seguirti. Cammina soltanto accanto a me e sii mio amico”. A difesa di una fede.
Dieci gare ufficiali ed un bilancio che non può che essere positivo. Non perché lo dicano i numeri (quelli, per carità, bugiardi non lo sono quasi mai), ma perché c’è una sensazione di solidità crescente. La vita inizia troppo presto a darti i voti, sin da quando nasci ti giudicano per quanto pesi. Al Napoli di Ancelotti è successo lo stesso: è stato bollato con dei voti al primo vagito, al primo sguardo alla luce. Errore e severità immotivata, alla quale la squadra ha saputo comunque reagire. Ora si gode i primi passi in solitario con grande serenità, con quella curiosità che è la più grande forza dei nuovi progetti. Di certo queste dieci gare dovrebbero garantire qualche credito in più: pensateci bene prima di sparare a zero su questa squadra.
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