Da 0 a 10: rigorino un caz*o, le sconvolgenti frasi di Zanetti, Pioli ossessionato dal ko col Napoli e l’attività in Jamaica di Spalletti
Zero a quelli del rigorino… rigorino un ca**o! Il Napoli vince 2-0, Osimhen viene travolto in area dall’ingenuo e negligente Marin. In un mondo normale, la colpa sarebbe di Marin. In Italia, pare sia incredibilmente colpa di Victor per essersi lasciato travolgere. Come ricordava il Cardinal Voiello in ‘The New Pope’ il dubbio è un arma, perché si appoggia sulle insicurezze dell’anima. Trafuga certezze, rubacchia convinzione, scarabocchia sul discorso che ti eri preparato sul foglio. Il dubbio conosce un solo antidoto: la conoscenza. Diffidate da questa verità pugnalata per qualche copia/click in più.
Uno il punto del Milan a Cremona. Testimoni chiamati a tramandare antichi racconti, come rapsodi a custodi di storie mitologiche, raccontano di un Pioli che avrebbe così analizzato la situazione: “Sì, ma col Napoli non meritavano la sconfitta”. Il tecnico rossonero si è infilato in un loop senza via d’uscita ed ha finito per diventare prigioniero dell’alibi da lui più volte ripescato. Rifugiarsi dentro ad una scusa è la strada più breve per ritrovarsi senza una via di fuga. Con le spalle al muro.
Due a prendere Parisi e rialzarlo di peso, al minuto 47’ il segnale che è un manifesto ideologico. Il terzino si accascia al suolo, l’intento è chiaro: perdere tempo. Ma, direbbe Dante “Perder tempo a chi sa più spiace”. E il Napoli conosce bene il valore del tempo, non ne vuole sprecare perchè in testa ha un solo obiettivo. È una rivoluzione copernicana rispetto alla squadra sempre troppo morbida, e permissiva, del passato. Modalità attiva: Genny Savastano tornato dall’Honduras dove ci stava un americano.
Tre punti più sudati di Fantozzi all'esame per il posto di assistente vice corruttore laterale mafioso. C’erano solo insidie in questa gare, con Bergamo ancora a pesare nei muscoli e lo spauracchio Empoli a rievocare antiche debolezze. Eppure, il Napoli l’ha vinta. Che dovrebbe già bastare, ma c’è di più: il Napoli non ha mai creduto di non poterla vincere. Lo si è visto, nella serenità dei gesti, nella capacità di gestire qualche inevitabile debolezza, quel mormorio al coraggio che prova ad entrare e tu gli sbatti la porta in faccia. Gli attributi di questo Napoli sono come la fede comunista di Mario Brega in Un sacco bello: esagerati!
Quattro giorni per ricaricarsi, per fare come Giotto dinanzi a Bonifacio VIII: chiudere un cerchio perfetto, disegnato a mano libera. Con l’Udinese l’ultimo morso di questa stagione troncata a metà, una nuova opportunità per ribadire il concetto in stile Marchese Del Grillo che noi siamo noi e voi… ci siamo capiti. Con i friulani l’ennesimo test per corpo e mente, prima di una lunga pausa di riflessione che il Napoli vorrebbe affrontare da una posizione di grande privilegio ma con l’obiettivo di lavorare per migliorarsi ulteriormente. Confucio non ha mai avuto torto: “Studiare senza riflettere è inutile. Riflettere senza studiare è pericoloso”.
Cinque dita, una mano che si cala benevola sul capo del compagno. La ‘benedizione’ di Osimhen (originario rigorista) a Lozano prima del penalty è l’ingrediente ormai non più segreto del +8 del Napoli in classifica: l'uno per l'altro, tutti per un sogno grande quanto il mondo. Vivere il compagno come un’occasione di gloria eterna, saper attendere il momento giusto per salire in cattedra dopo aver ascoltato con attenzione esimi colleghi. Individualità al servizio del collettivo e mai il contrario, una corsa a tappe in cui ognuno può essere gregario e vivere quella condizione con l’orgoglio che merita.
Sei una delle squadre più belle che io abbia mai visto. Lo dice, parlando del Napoli, Paolo Zanetti che mentre lo dice capisci che lo pensa davvero. Oltre le parole, i gesti, perchè al gol di Zielinski si lascia pure scappare un applauso per la rete segnata dagli avversari. “È un'amante fedele, la bellezza”, che non accetta negoziati, si impone e t’impone di tributargli il dovuto riconoscimento. Parole e gesti sconvolgenti per quelle che sono le abitudine nostrane, bravo mister.
Sette erano gli assist, cinque diventano i gol stagionali di Pietro, che sta tornando Pietro. Perchè il Pietro che avevamo ad inizio stagione l’avevamo un pochino smarrito, ci mancava il vero Pietro. Zielinski ha bisogno di macinare campo, di ritrovarsi nel suo calcio, nelle sue visioni, in quegli strappi che appartengono ad un emisfero calcistico con pochissimi abitanti. Il gol è una perla, ancor più incoraggiante l’esultanza rabbiosa: se tira fuori la cattiveria anche lui, è davvero l’anno giusto. Che abbia da sempre un debole per Pietro è evidente, che volessi scrivere Pietro tante volte, pure. Perché forse qualcuno l’aveva dimenticato quanto fosse forte il polacco. Pietro, ovviamente.
Otto a Osimhen, animato da un pensiero che non conosce esitazioni o debolezze. Victor ha la capacità di rigenerarsi come Wolverine, pare fatto di Adamantio non solo nel corpo, ma pure nella volontà. Non si lascia distrarre nemmeno un secondo dal passato, da un errore o da un controllo impreciso e sa sempre voltare pagina come un lettore famelico di conoscere, ed incidere, sugli eventi che verranno: l’azione del rigore è una statua ideale alla determinazione. Il 9 azzurro gioca ogni gara seguendo l’insegnamento di Winston Churchill: “Il vero Successo è passare da un fallimento all'altro senza perdere l’entusiasmo”. Indomabile.
Nove a Lozano, che prende l’Empoli e lo ribalta come un calzino, facendo a brandelli un finale che sembrava scritto. "È possibile cambiare il passato oppure il tempo è una bestia immortale che non può essere domata in alcun modo?", Se la ride Lozano, conscio di aver inciso come un bisturi su una gara addormentata sul binario del pareggio. Se la ride Lozano, dopo il rigore che chiede di calciare e segna col brivido, costruendo una nuova gara. Un tempo nuovo. Un nuovo se stesso in una stagione in cui ognuno può diventare protagonista. Immarcabile nell’uno contro uno, lucido nelle scelte, efficace nella pratica. Con una settimana di ritardo la Bambola Assassina regala una notte da incubo ai toscani manco fosse ancora Halloween.
Dieci decimi: Luciano occhio di lince osserva tutto, al punto da prevedere il futuro. Nella sua pesca miracolosa tira fuori dalla panchina i gol numero 8 e 9 in Serie A, trovando sempre la soluzione prima che il problema si manifesti. Luciano è asceso verso una nuova dimensione, ha intrapreso un percorso onirico, rivelatorio, a tratti mistico come il viaggio in Tibet settennale di Brad Pitt. C’è l’immensità nel suo Napoli, c’è il sole che sgomita tra le nuvole e ti regala il raggio perfetto, quello che ti scalda proprio quando ne hai bisogno. Illuminazione divina di chi sembra essere fatto di un materiale diverso dagli altri, bagnato da un’acqua che è fonte di ispirazione superiore. Se oggi decidesse di aprire una ditta che produce colbacchi in Jamaica farebbe nevicare pure a Kingston.
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