Da 0 a 10: la rivolta social da Salerno, l’annuncio clamoroso di Garcia, il terrore per Zielinski e Di Lorenzo con l’outing scudetto
Zero possibilità del Var di intervenire sull’offside di Olivera nell’azione PRECEDENTE al gol di Raspadori. Da Salerno sono furiosi, e ci sta, col primo assistente che non sbandiera, ma dovrebbero essere ancor più arrabbiati con quel pallone perso sanguinosamente. Il Var non è Interstellar, che viaggi nel tempo e speri di trovare un errore dell’arbitro che ti fa annullare il gol.
Uno il gol che smorza, per fortuna, una polemica che era già al settimo mese di gravidanza: “Perchè Garcia toglie Kvara?!”. Il gol di Elmas, subentrato al 77, mette in freezer il dibattito su un cambio che, con la partita ancora in bilico, appariva azzardato a chi scrive. La vita è meravigliosa per questa: esistono infinite possibilità, anche quando imbocchi una strada sbagliata. “Ci vogliono milioni di occasioni mancate per coglierne finalmente una”.
Due moduli e Garcia che tentenna dinanzi alla possibilità del 4-2-3-1. Dice che i giocatori conoscono a memoria il 4-3-3 e pure gli avversari, ma c’è un passaggio che non torna: il suo 4-3-3- è distante da quello di Spalletti quanto un monaco Benedettino lo era dalla vita mondana. Continua a picconare il capolavoro che aveva ereditato, e chi manomette la scultura “ne ignora l'amore e la cura”.
Tre punti, che non dissetano totalmente ma sono sempre una grande notizia. Ci sono le considerazioni sul valore dell’avversario, le ormai rituali montagne russe da digerire, l’incapacità cronica di dare un segnale costante di solidità. A volte si ha la sensazione di restare sospesi nel tempo: aggrappati a un ricordo che sbiadisce, impalati dinanzi ad un presente che è molto diverso. Come una parmigiana vegana: sembra uguale, ma il sapore…
Quattro volte, soltanto, con la porta inviolata. Era da Lecce che Meret non chiudeva una gara in campionato senza veder vanificato il suo desiderio di castità. E l’abbiamo detto e ridetto: la corsa scudetto passa dal ritrovare quel tipo di solidità. Che non riguarda mai un singolo, ma l’intera fase difensiva, ragion per cui il recupero del vero Anguissa,resta prioritario. Frank è come il denaro: senza, non si cantano messe.
Cinque ingressi dalla panchina in stagione e finalmente una gioia. Elmas ‘piede sempre caldo’ lo scorso anno, ritrova il guizzo che manda al tappeto una Salernitana che manco ci credeva troppo alla rimonta. Lo scorso anno per Eljif sono stati sei i gol in campionato: ritrovare armi differenti sarà fondamentale nel lungo cammino. Come un Pinguino Tattico Nucleare, si insidia nelle partita col motivato orecchiabile che ha il suono della vittoria: Giovani Wannabe.
Sei e mezzo a Zielinski, che esce alla distanza come i Fratelli Abbagnale a Seul nell’88. Pietro è diverso, perchè abbina tante qualità in un solo corpo, miscela pregi e peculiarità del centrocampista del terzo millennio. Conosce il rigore del sacrificio di chi lavora nelle zone d’ombra e l’esaltazione della gloria destinata a chi si prende tutti i riflettori. È uno e più di trino nel suo modo di concepire il calcio. Perderlo a zero, sarebbe uno dei più grandi fallimenti strategici dell’era De Laurentiis. Lui vuole il Napoli, il Napoli trovi a tutti i costi il modo di accontentare uno che ama quella maglia alla follia.
Sette punti dall’Inter capolista. E mentre Garcia nicchia sul tema scudetto, il capitano Di Lorenzo squarcia il velo d’ipocrisia e nel dopo gara chiarisce: “Vogliamo rivincere lo scudetto!”. E fa bene il capitano, perchè Rudi può pensare ciò che vuole, ma questo Napoli ha una forza tale che non può che essere destinato a combattere per il tricolore. Se ciò non avverrà, sarà solo per carenze del tecnico. Questo è più evidente di un Elefante a passeggio sulla pista ciclabile del lungomare.
Otto tiri nello specchio, ventuno in totale. Due verità, due narrazioni, che viaggiano su binari che possono pure a volte incontrarsi, perchè le sfumature vanno colte e analizzate. Il Napoli crea tanto, tantissimo. Poterne farne pure sei. È la buona notizia. L’altra, meno esaltante, è che spesso si sbaglia troppo quando bisognerebbe azzannare alla giugulare la partita. Due facce dello stesso attacco: dall’enorme potenziale, con qualche piccolo attacco di estetismo non sempre pratico. Ma quanto sono forti quelli lì davanti?!
Nove al filo d’Arianna Lobotka, che se il Napoli lo ritrova esce dal labirinto e si mangia pure il Minotauro. Stan, quello Stan che c’avevamo incastrato ancora dentro agli occhi, che danza sul pallone, fa le piroette, anticipa le giocate e rende tutto così maledettamente armonico. Garcia lo riporti al centro del Villaggio, lui, l’Hugo Cabret che accende la macchina da presa per girare un film d’autore. “Se ti sei mai chiesto dove vengono creati i tuoi sogni, guardati attorno, vengono creati qui!”. In principio c’era Stan, il principio è Stan.
Dieci all’erede designato. Osimhen si fa male e Raspadori spazza via come un uragano tutti i dubbi, le perplessità, le stucchevoli frecciatine: è un centravanti, un centravanti con lo Smoking. Assist di cristallo a Verona, poi tre perle con Union, Milan e Salernitana che raccontano plasticamente il repertorio: di sinistro, su punizione, di destro. La fluidità del suo calcio, il modo in cui colpisce il pallone, il suono che il pallone fa quando lo colpisce sono tutti sintomi di grandezza. Un gran vino lo senti dal rumore del tappo quando lo stappi: qui siamo di fronte ad un pregiatissimo esemplare, destinato a migliorare ‘invecchiando’. Sta nascendo una stella, tenete alto lo sguardo.
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