Da 0 a 10: la bomba di ADL, il talco di Elmas, lo shock senza tregua ed il gesto di Osimhen sfuggito alle telecamere
Zero ai distratti, che si sono persi la meraviglia dei 1870 minuti precedenti e si fossilizzano sugli ultimi 20 della sfida all’Udinese: una leggerezza perdonabile, dopo aver accarezzato la perfezione. Un post-it per quel che sarà, un promemoria sugli errori da non commettere come ordinare una pizza Margherita fuori dalla Campania. Non si fa.
Uno il messaggio di Aurelio. Come questo Napoli, nessuno mai: lo scrive De Laurentiis, che quel messaggio lo aveva salvato nelle bozza da qualche giorno. A muoverlo un inevitabile bisogno di rivendicare la bontà di quelle scelte che erano state infamate per tutta la rovente estate, con qualche riferimento anche a chi l’aveva tradito come Sarri e gli artefici dell’ammutinamento. Parafrasando il Budd di Kill Bill: “Quell’uomo merita la sua vendetta e in molti non c’avevano capito un Kaiser”.
Due gol e nel finale ti viene la voglia improvvisa di travestirti dal mitologico Maestro Canello, portare avanti le lancette come nell’agghiacciante party di Capodanno di Fantozzi. Il tempo che si restringe, che si dilata al punto che ti verrebbe voglia di masticarti pure le falangi per lo stress. Se non ci metti un pochino d’ansia, godi solo a metà.
Tre gol in 58 minuti, fanno 57 in 21 partite stagionali. Segnano tutti in questa squadra, segnano in ogni modo, gol belli, bellissimi come quelli di Zielinski ed Elmas. La possibilità di scegliere protagonisti differenti, destinare la copertina a rotazione ad attori differenti con capacita di recitazione sbalorditive che sembra di vedere Ocean’s Eleven: “Così a occhio e croce direi che servono un Murdoch, una Miss Daisy, un Mike Tyson, un paio di Joker e un Dennis Rodman... per non parlare della migliore Ella Fitzgerald della storia!”
Quattro minuti e va vicino al gol col tacco per poi infortunarsi. Le lacrime di Deulofeu, che il Napoli l’ha annusato per un’estate intera prima di scoprire che sarebbe rimasto un’amore rimasto dietro ad una porta. Il Maradona ha portato lo stesso peso di Gerard in quel momento, ne ha compreso e rispetto la paura. Quegli applausi hanno reso un pochino meno pesante un momento di pura disperazione. Torna presto ragazzo, che è uno spettacolo vederti inseguire un pallone.
Cinque volte decisivo con uscite fuori area: Meret. come Spartaco, s’è liberato delle catene e si invola a trenta metri dalla sua porta per difendere la stessa. Fa il libero aggiunto Alex, che dopo una manciata di minuti respinge con grande istinto l’avvelenato tacco di Deulofeu. Migliorarsi è scoprire parti sconosciute di te, esplorare vecchie paura e scoprire con stupore che non sanno più spaventarti come un tempo. Meret è ora robusto, nelle convinzioni, rincuorato da una fiducia che s’è dovuto guadagnare con opere e azioni. “Mi fido di te” è la più grande promessa che due o più persone possano farsi. Ed io te lo ripeto come Jovanotti: Mi fido di te. Mi fido di te. Mi fido di te.
Sei gol in stagione per Zielinski, come un pittore. Quanto è bello Pietro nello spazio, che immagina cose che a lui sono concesse e a pochi altri, divagazioni pallonare che sconfinano nell’arte. Pennellate che cadono come rugiada sulla foglia, la natura primitiva che riconduce tutto all’origini ed una semplice constatazione: il talento può arrivare dove non arriva la volontà. Pietro è stato baciato dalla Dea Natura, ogni tanto si schernisce per la timidezza per questo dono, ma quando si abbandona all’istinto è una roba da non credere. Un apostrofo polacco quella foglia morta che cade proprio lì dove Silvestri non può arrivare.
Sette a Kim che usa la caduta come un trampolino. Che non si lascia vincere dal tonfo, ma riemerge masticando il pane dell’insegnamento. Ritrova te stesso nel buio e rivedrai la luce prima di riaprire gli occhi sembra di leggere nelle scuse social che scrive con una delicatezza rara in questo mondo di personaggetti che si sentono invincibili dopo mezza partita. Comprendere uno sbaglio è la scorciatoia degli uomini virtuosi, che mentre voltano pagina ingoiano la lezione dell’arte della Guerra: “Se conosci il nemico e te stesso, la tua vittoria è sicura".
Otto al Diamante. Sembra Kvara ma non è: Elmas come il talco di Pollon: serve a darti l'allegria! Pare di vedere doppio, che quel 7 sulla schiena sia in realtà duplicato come l’impatto del macedone. Decisivo a Bergamo, ancora di più con l’Udinese col delizioso assist per Osimhen e per quel gol che merita narrazione a parte. Avrebbe tanti modi per chiudere l’azione, ma Eljif non s’accontenta e tira fuori da un arido marmo i tocchi per dar viva ad un capolavoro. “Perchè non parli” chiedeva Michelangelo al suo Mosè, come non far lo stesso con una rete che è un’esperienza che appaga tutti e cinque i sensi. Le assenze sono spesso sopravvalutate, aprono infinite vie al possibile. Chiamatele opportunità.
Nove a Capitan Jack Sparrow, la Perla nera alla conquista di ogni mare. Non corre Osimhen, straripa. Non negozia, conquista. Non segue la cartina, è lui la bussola. Dal rientro Victor è stato il più devastante di tutto il campionato, non ha preso ostaggi ma ha preteso tributi come una famelica divinità. Pranza sulla testa del difensore, ma non è la cosa più bella che fa. Impazzisce di gioia al Gol di Piotr che abbia di tacco, poi rispedisce in difesa uno dei due centrali che salivano su una punizione nel finale di gara. È nata una stella. E pure un leader.
Dieci a questo shock da cui ancora non ci siamo ripresi e il naufragar ci è dolce in questo mar. Undici in fila, Napoli in un fuga mentre cala la notte sul Maradona. Complice oscurità, che accoglie tutti i sogni in questo grande ovale che sembra un abbraccio. Ad occhi sbarrati, attendiamo famelici il secondo atto sussurrando a bassa voce come chi affida al vento una promessa: “Non cambiare. Non cambiare Napoli. Resta cristallizzato in questo tempo in cui hai rapito ogni parte di noi”. Ci manchi già tantissimo.
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