Da 0 a 10: l'accusa shock di Sarri, Lotito denuncia Kvara, la ca**ata su ADL e il massacro da ko tecnico

Da 0 a 10: l'accusa shock di Sarri, Lotito denuncia Kvara, la ca**ata su ADL e il massacro da ko tecnicoTuttoNapoli.net
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domenica 4 settembre 2022, 19:43Rubriche
di Arturo Minervini
Il Napoli asfalta la Lazio: in gol ancora Kim e Kvaratskhelia. Bene Politano, conferma per Zielinski e per Lobotka. Infortunio per Lozano.

Zero all’amnesia di Sarri, che vaga per la sala stampa dell’Olimpico in stile Jason Bourne in cerca della propria identità. Ma non era lui che i rigori li davano solo a quelli con le maglie a strisce? Ora pure il Napoli è favorito, fa riferimento a poteri oscuri a cui la Lazio starebbe sui ‘coglioni’ e vorrebbero danneggiarla. Ora Maurizio vuol fare la contro presa del contro Palazzo? Dopo aver rinnegato tutto il proprio passato, è pronto al nuovo movimento: lacrime e disperazione. Ancor peggio nell'accusa a De Laurentiis che avrebbe presentato Ancelotti senza avvisarlo, quando da febbrario aveva già l'accordo col Chelsea. Eh su...

Uno il palo colpito da Kvara che merita una narrazione a parte. Apparizione pura, Epifania nel senso letterale del termine. Gira tutta la stanza, mentre Kvara danza su quel pallone che sembra di vedere la Ruleta di Zidane. La delicatezza ed il lampo, nel giro di un battito di ciglia. L’ammaliante fusione degli opposti che si uniscono e rendono eterno un istante che rischia di compromettere la stabilità della porta di Provedel. Lotito pronto a fargli causa per danni alla struttura.

Due versioni di Anguissa. Parte male, perde alcuni riferimenti, poi si trasforma in Godzilla che prende possesso di ogni settore del campo. Che quando pensi che un pallone non sia suo, poi alla fine diventa suo. Che legge con un secondo di anticipo l’evoluzione dell’azione, come nella lucida lettura nell’assist per la rete che manda al tappeto la Lazio. Sarà pure verosimile che “L’essenza stessa di ogni amore è l’incertezza”, ma avere Anguissa lì in mezzo è una certezza che tiene il cuore in pace. L’importanza di chiamarsi Frank.

Tre punti che valgono più di tre punti. Perchè la Lazio aveva stritolato l’Inter, perchè il Lecce aveva lasciato l’amaro in bocca, perchè serviva imporsi sul campo di una big per acquisire ulteriore convinzione. In molti si stanno perdendo nel giochino: “Eravamo più forti lo scorso anno o lo scorso anno?” senza cogliere la reale distinzione. La futuribilità di una squadra che ha più margini di miglioramento di un pezzo di marmo prima di passare tra le mani di Michelangelo. La curiosità è già futuro.

Quattro minuti, Zaccagni segna sfruttando un errore generale. Sembra l’inizio della fine, invece è la fine dell’inizio perchè la Lazio di fatto farà poco altro. Il tempo di riorganizzare le idee e poi un abbacinante Napoli invade l’Olimpico come fosse la piena del Nilo, che sul terreno lascia il Limo rendendola fertile. Ne primi 15 minuti del secondo tempo il Napoli potrebbe fare comodamente 4 gol, assaltando la porta di Provedel manco fosse il buffet di un matrimonio. Orda affamata in stile Walking Dead.

Cinque passaggi non completati sui 79 provati per il 94% di precisione. Non corre, ma saltella col pallone mandando in frantumi i principi sarriani del recupero alto. Lobotka è l’Archè del Napoli di Spalletti, l’origine di ogni cosa, la fonte da cui scorre ogni pensiero. Nella materia grigia del suo calcio si evolvono i concetti di gioco di un gruppo che sembra non poter più fare a meno di Stan. È iniziata, già da un po’, l’era del cinghiale bianco che sguscia tra gli avversari, prende due metri di vantaggio e poi mica lo riprendi.

Sei e mezzo a Osimhen, che nel primo tempo si mette a pressare come un dannato e fa scattare nella testa dei compagni una voglia di rivoluzione. E quando il momento della rivoluzione arriva, il popolo lo percepisce. Non c’è bisogno di dirselo, si va tutti nella stessa direzione. Victor ci mette l’idea iniziale, per puro caso non condisce l’intuizione brillante pure con un gol (che avrebbe meritato per il lavoro pazzesco fatto). Chi ne critica la prestazione mette il formaggio sugli spaghetti alle vongole.

Sette a Politano, che mette a soqquadro gli equilibri del match. L’equilibrio difensivo della Lazio viene minato dall’ingresso di Matteo, imbucatosi a sorpresa ad una festa in cui non era inizialmente invitato. Si piazza alla console e seleziona la musica appropriata, trovando i tempi giusti per infilarsi come luce impazzita nello spazio. “Il rock non eliminerà i tuoi problemi. Ma ti permetterà di ballarci sopra.” Impatto pazzesco.

Otto ai 190 centimetri di Kim Min-jae. Perchè non c’è una parte del corpo che questo ragazzo non sacrifichi per lo scopo, con un’esuberanza fisica contagiosa anche per chi sta seduto su un divano a guardare la partita. Nato pronto, come un soldato che ha già nella testa la conoscenza e va solo tirata fuori. Lo yin e lo yang fatto calciatore: ombra sugli avversari, sole per i compagni. Tocca 118 palloni con la personalità di chi sembra giocare da anni in questo Napoli e fa pure gol. Il secondo. Ah, dovrebbe pure avere dei difetti, ma li stiamo ancora cercando. Monster

Nove alla reazione dopo la mazzata iniziale. Gli spifferi post Lecce si insinuano nella testa, Zaccagni indovina l’angolo ed ecco che tutto si fa più complicato. Invece di ritrarsi, però, il Napoli gonfia il petto. Tira fuori gli attributi, si mette a comandare sul campo di una squadra che ama comandare. E prende a ceffoni la Lazio che se Sarri avesse un minimo di onesta intellettuale dovrebbe gettare la spugna in mezzo al campo ed interrompere il massacro. K.O. tecnico.

Dieci all’invasione kvararica. Sembra di vedere Attila, flagello di dio, che sfida il potere di Roma con l’arroganza di chi sa di avere una forza sconfinata. Non il palo, non la sassata che mette in serio pericolo l’incolumità di Provedel, è un altro il fotogramma che deve rendere felici i tifosi del Napoli. Kim ha appena segnato il gol dell’1-1, mentre gli altri festeggiano, c’è un ragazzino che già sta guardando oltre. Si è andato a prendere il pallone, perchè ha fame. Perchè sta ancora pensando a quel palo clamoroso che aveva colpito poco prima. E voleva andare a vincerla. E l’ha vinta. Con la determinazione dei grandi. Dedicato a quelli che segna solo con Monza e Verona. “A come atrocità, doppia T come terremoto e traggedia, I come ir' di Dio, L come lago di sangue, e A come adesso vengo e ti sfascio le corna!”. Aaaaa come gioca Kvaratskhelia…