Da 0 a 10: il labiale svelato di Kim, Gasp distrutto dal trapano, Spalletti s’incazza per Kvara e il clamoroso retroscena sui furti d’auto
Zero a Gasperini, che si iscrive ad una lista più lunga di quella del collocamento. Dal capostipite Pioli, che ancora si sveglia di notte ripetendo ‘Non meritavamo di perdere col Napoli, passando per Mourinho, fino all’irreprensibile Gian Piero. Voleva trapanare il Napoli, ma evidentemente non ha molta dimestichezza con l’attrezzo ed ha finito per bucarsi le mani. Chissà se mai questa squadra, celebrata in Europa, in Italia riuscirà a vincere una partita ricevendo l’onore delle armi dagli avversari. Da chi ha sempre finto di non sentire gli schifosi cori razzisti cosa ti vuoi aspettare? Ritenta con i casting per il prossimo Saw.
Uno come la gara in campionato giocata senza Kvara titolare prima di Bergamo: quella del 31 agosto col Lecce (sappiamo tutti come finì). Da quella notte, con le eccessive rotazioni che tolsero certezze alla squadra, sembra passata un’era geologica, che c’erano i dinosauri in strada e ciò che oggi è chiaro prima non lo era. Spalletti s’incazza se gli parlano di quanto fosse importante vincere senza il fenomeno col 77. E fa bene, perchè la sua priorità è difendere il gruppo. Luciano però fesso non è, sa bene che Kvaratskhelia è fatto di seta Mulberry, è diverso dagli altri per natura. E vincere senza di lui significa solo una cosa: che non ve la posso dire, perchè poi magari non succede. Che certi sogni sono come il silenzio: svanisce se li pronunci a voce alta.
Due furti. Che sciocchi che siamo, bastavano due furti. Inutile vincere 16 gare su 19 stagionali, asfaltare il Liverpool e vincere su ogni campo. No. Il Napoli per ottenere l’attenzione mediatica che meritava aveva bisogno d’altro. Dell’elemento di cronaca che tanto appassiona se si può geolocalizzare sotto al Vesuvio. Come d’incanto, eccoli tutti: Napoli diventa polo d’interesse primario, perchè vuoi non infilarci la camorra, Lavezzi, le valigie già fatte e la solita squallida retorica? Che poi se ne fottono se succede dappertutto, è solo che se succede altrove se ne fottono perchè fa pochi ascolti. Accade qui, diventa una questione di interesse nazionale. Perchè in fondo i razzisti non sono soltanto quelli che insultano nelle curve, ma quelli che veicolano messaggi discriminatori.
Tre punti che sono più pesanti di altri. Spalletti lo smentisce, ma poi lo sussurra all’orecchio di Ambrosini (a bordo campo bordo per Dazn): "Questa era importante”. Qui non si tratta di vincere o perdere, no. Parliamo della capacità di orientare il proprio destino, soffiare forte nelle vele di una barca che cerca la solitudine del mare aperto. Non è un tentativo di fuga, ma solo la voglia di ritagliarsi uno spazio che sia esclusivo. “Dio fornisce il vento ma l’uomo deve alzare le vele”. Accogliere il vento, anzi diventare vento, è la più grande dote di una squadra che vuole prendere il largo.
Quattro mani come Ganesha. Arriva dappertutto Anguissa, anche quando sembra essere in svantaggio. Arpiona ogni cosa si aggiri nella sua zona di competenza, che tra l’altro non ha limiti. Le quattro braccia della divinità induista rappresentano: mente, intelletto, ego, coscienza condizionata. Frank copre l’etere come le antenne di Radio Maria: non c’è angolo del mondo in cui non riesca a raggiungerti. Come dominare una gara senza nemmeno entrare nell’inquadratura principale. Il regista occulto di tante vittorie stagionali.
Cinque dita raccolte per un gesto che è icona di comprensione immediata. La ‘mano a cuoppo’ di Kim Min Jae a fine gara, con sorriso stampato a 32 denti, è la risposta alle stomachevoli insinuazioni dopo il furto subito dalla moglie. Non c’è turbamento, ma solo gioia per il Mostro ancora una volta capace di sacrificare ogni parte del suo corpo per difendere la porta azzurra. Si becca un giallo inesistente, ma non perde mai il controllo restando fedele alle origini che impongono sempre pacatezza e lucida analisi del momento. Pare di sentire Mastroianni mentre lo vedi così già inserito nella mimica di questa misteriosa città: “Io amerei vivere su un pianeta tutto napoletano”. E pure Kim, che ci ha regalato il Meme dell’anno.
Sei testa, sei cuore, sei polmoni, sei gambe. Lobotka è un donatore di organi a ciclo continuo, si prende pezzi vitali di questo Napoli e ne rigenera le cellule, accoglie ed esaudisce desideri più dell’albero della Vita di Avatar. Una vita al limite quella di Stan, che ha scommette sempre col tempo della giocata, ritardandola per ottimizzarne al massimo la resa e l’efficacia. Giocatore di poker di livello mondiale, che pare di vedere John Malkovich mentre mangia biscotti ripieni in The Rounders. Non si accontenta mai della prima opzione, il suo motto è “Il pensiero successivo è immancabilmente più saggio”.
Sette a Meret, che pare sempre su questa panchina ad aspettare l’approvazione di una parte di critica e tifosi. Lo volevano a pezzi Alex, come l’Harry di Woody Allen che afferma: “Da giovane avevo meno paura aspettando la rivoluzione che adesso aspettando Godot”. Eccolo, Godot è arrivato. E pure la rivoluzione. Perchè Meret sono mesi che s’è preso la porta del Napoli, l’ha fatta sua al netto di qualche sbavatura che appartiene alla delicatezza del ruolo. Contro l’Atalanta due interventi super ed una crescente propensione all’uscita dalla zona di confort, suo grande limite in passato. Alex sta diventando grande col Napoli, il Napoli sta diventando grande anche grazie ad Alex.
Otto a Elmas, che manco era invitato al ballo e ne diventa il protagonista. Il 'Cenerentolo' macedone non perde la scarpetta, resta ben saldo coi piedi sul terreno ed assolve con la diligenza della formica i compiti assegnati. È la regolarità a premiarne l’impegno, con quell’esitazione alla Manu Ginobili che manda la difesa fuori tempo per la zampata da tre punti. Non luccica come un diamante, ma non è nemmeno una patacca: la sua rovina è un soprannome che aveva generato aspettative eccessive. Eljif è utile, pratico e poco rumoroso come un aspirapolvere che raccoglie le briciole sparse nel corso della stagione: poco spazio e la necessità di fare la cosa giusta. Mica è semplice.
Nove vittorie in fila in campionato andando oltre. Sempre oltre. Comunque oltre. Ogni volta che il Napoli ha dovuto affrontare una difficoltà ha fatto come Clark Gable in Via col vento: se n’è infischiato. Esiste un punto che va oltre lo sforzo. Quello in cui convinci la tua mente che non è ancora il momento di mollare. Quello in cui non ti accontenti. Dei limiti da superare. Della fatica che non senti, con gli occhi puntati verso il cielo, in attesa di una stella che diventi foglio per un desiderio da scrivere. Oltre è un posto per pochi. E questi ragazzi ci sono andati. E la cosa più bella è che hanno deciso di portare anche noi. Insieme. "Una casa non è questione di mattoni, ma di amore".
Dieci a Osimhen, sempre Osimhen, indiscutibilmente Osimhen: e che te lo dico a fare. “Tu stai parlando con qualcuno e gli fai “Certo che Rachel Walsh è è è proprio un gran bel pezzo di f**a, che te lo dico a fare”. Victor Osimhen? E che te lo dico a fare. Infiltrato, come Donnie Brasco, illude il nemico di essere suo amico con il rigore concesso per quel braccio largo. E’ Bergamo, ma sembra Kinshasa. L’Atalanta è Foreman, Victor è Ali che Vola come una farfalla e punge come un’ape. Dagli spalti l’urlo Victor, Victor, risuona come l’”Ali bomaye” di quella memorabile pagina di sport scritta nel 1974. Il primo colpo, poi la straripante cavalcata per l’assist ad Elmas. L’avversario è al tappeto. Gli insulti razzisti mutilati. A cantare è solo Napoli. Victor bomaye! Victor bomaye! Brividi.
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