Da 0 a 10: i quattro gol di Osimhen, Spalletti se ne fotte del turnover, gli insulti choc a Maradona e la decisione su Kvara
Zero ai miserabili che infangano la memoria di Maradona, umiliati tre volte. Prima della gara, quando Osimhen ha dato loro una lezione di vita e semplicità, inerpicandosi sino in curva per scusarsi con una tifosa per una pallonata. Durante la gara, con i cori che certificano un sottosviluppo che è già una condanna peggiore del 41 bis. Dopo la gara, con le tre reti che sanno di lezione. La vita è uno specchio: se ci vomiti odio non ricevi in cambio nulla di buono.
Uno l’assist, che più che altro è manifesto ideologico: Kvara che solo davanti al portiere concede il bis a Osimhen, Victor che col dito indica il compagno per dire al mondo ‘È suo’ che è meglio di un gol. La rinuncia che si fa gioia, il passo indietro del singolo che diviene rincorsa per il collettivo. Come togliersi una costola e non avere rancori, non come Adamo con Eva insomma.
Due palloni sgonfi nei primi 12’: ci hanno provato così a fermare quei due demoni nati a 8910 km di distanza, che il fato ha accoppiato sullo stesso rettangolo di gioco. Da Lagos a Tblisi, fino a Napoli col fiato sospeso: 27 gol e 18 assist nello spazio di un abbraccio. A stringersi sono Victor e Khvicha, che al prossimo Festival potrebbero cantare ‘Siamo la coppia più bella del mondo’ senza timori di smentita.
Tre reti per tre punti mica così scontati. Lo Spezia è spigoloso, il campo con le misure da calciotto che toglie respiro alla manovra, i precedenti del passato ad evocare cattivi pensieri. Il Napoli di quest’anno ha la pazienza delle madri, che sperano in risposte differenti a domande che ti fanno da una vita. Al Picco gli azzurri mettono un primordiale insegnamento: “dalle e dalle, se piega pure 'o metalle”. Prima piegati, poi spezzati (Spezzare lo Spezia suonava bene). “E pure quest’anno lo Spezia se lo semo levato dalle palle”.
Quattro cambi, tre cambi, sette cambi: alla fine zero cambi. Spalletti smentisce, smorza, accolte sul nascere le voci sul turnover in vista della Champions. Se ne fotte del turnover Luciano, sceglie gli stessi 11 della Roma e lo fa con uno scopo ben preciso: il Napoli non molla, nulla. Niente. Mai. Ha solo il Napoli come riferimento, non le altre. Non è una corsa a tappe, è diventato un record dell’ora. Cannibale, come Eddy Merckx: “Pedala. Tanto o poco, o finché te la senti. Ma pedala”.
Cinque ore a +16 (poi ridottosi a +13 dopo la vittoria dell'Inter), dopo l’estate rovente degli A16. Mefistofelica ironia della sorte, il premio ad un lavoro fatto con serietà. Il campionato falsato non è quello che sta dominando il Napoli. I campionati falsati sono quelli, eventualmente, in cui è stata alterata la competizione comprando calciatori che non si potevano acquistare. Non ci provate nemmeno a inquinare quest’acqua cristallina che si fa onda pronta a travolgere il pallone dal suo torpore.
Sei i rigori stagionali assegnati al Napoli e finalmente habemus rigorista: fumata Kvara. È il georgiano l’eletto, con la benedizione dopo il conclave pure di Spalletti. Dal dischetto va il 77: lo sguardo, la postura, la precisione della parabola confermano la bontà della scelta. Solo lui può tirare un rigore come se fosse una punizione a giro. Noblesse oblige.
Sette alla solidità complessiva, col nono clean-sheet in campionato per Meret e soci. Nel nuovo campionato che doveva iniziare a gennaio, dopo il ko con l’Inter per gli azzurri 2 reti subite e 14 reti segnate in 5 gare (tutte vinte). È un Napoli che ti consuma, che agisce sul respiro dell’avversario e ti prende per soffocamento. "I serpenti boa ingoiano le prede tutte intere, senza masticarle”: questa squadra è l’essenziale visibile agli occhi. Ci perdonerà per la parafrasi il Piccolo Principe.
Otto al contorsionista Kvaratskhelia. Pioniere di spazi che non esistono, che non appartengono all’immediata comprensione degli altri umani. Si flette, si piega, ma mai si spezza, addomestica palloni imbizzarriti, disorienta avversari terrorizzati, lascia sulla corsia i segni profondi dei pneumatici come Ghost Rider. C’è una partita nella partita, uno spettacolo nello spettacolo, un’attesa nell’attesa quando il pallone transita dalle parti Kvara e tu sai che la meraviglia sta bussando alla tua porta. “La bellezza non può essere interrogata: Regna per diritto divino”. Soprattutto quando si abbina ad una sbalorditiva efficacia.
Nove a colui “che sopra gli altri com’aquila vola”. Osimhen frantuma un’altra legge della fisica, omaggia Michael Jordan veleggiando nell’etere ligure come spinto dal dio del vento. L’epigrafe di Raffaelo Sanzio al Pantheon recita: “Qui giace Raffaello: da lui, quando visse, la natura temette d'essere vinta”. Lo stesso timore che la natura prova osservando le imprese di Victor il conquistatore, che ha segnato 14 gol dalla decima alla ventunesima giornata. Gli sta pure stretta questa Serie A per quanto è forte: Osimhen über alles.
Dieci a ad una squadra che non conosce il senso di sazietà. 'A famme nun tene maje suonno’ ricorda l’armata di Spalletti, che trova anche da chi subentra per pochi minuti una disponibilità al sacrificio vista poche volte. Questa storia del ‘sogno scudetto’ ha stufato: qui non c’è niente da sognare. Qui c’è da prendere atto, di una superiorità a tratti imbarazzante. Il Napoli non vuole solo vincere questo scudetto. Il Napoli è pronto ad aprire un ciclo con una banda in cui talento e ambizione si rintracciano in egual misura.
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