Un’altra pugnalata al calcio italiano: nemmeno il Var ha cancellato i vizi di Pechino
(di Arturo Minervini) - La bellezza salverà il mondo. Vero. Per alcuni anche la tecnologia potrebbe avere questi effetti, anche se altri dissentono. Si credeva, però, che almeno per il calcio l’utilizzo dello strumento tecnologico potesse rappresentare la salvifica via che avrebbe cancellato le polemiche ed i dubbi che, da sempre, accompagnano il dibattito pallonaro.
Una battaglia lunga più di 20, la ‘moviola in campo’ e tutto quello che doveva conseguirne. Sembrava davvero essere dinanzi ad una svolta epocale, della stessa portata che i telefoni cellulari (poi trasformatosi in smartphone) hanno avuto nell’ambito della comunicazione. Illusione durata lo spazio di qualche settimana, perché ad avallare ogni cambiamento è l’opinione pubblica. O meglio: chi ha la possibilità di orientare l’opinione pubblica in maniera decisiva. Ecco che quella che sembra una grande rivoluzione viene fatta passare, col tempo, come una sorta di minaccia o come un qualcosa che possa ammazzare il romanticismo del calcio. Come se ci fosse qualcosa di romantico nel segnare un gol irregolare o lasciare impunito un calciatore che magari colpisce con un pugno un avversario.
Da Pechino a Jeddah. Era agosto 2011, una meta ancora più lontana ospitava lo show pornografico di Mazzoleni in quel Napoli-Juve di Supercoppa passato alla storia, una pietra miliare della sudditanza psicologica e dell’asservimento ad un certo tipo di potere. Otto anni dopo, nonostante l’introduzione del Var, il calcio italiano si ritrova a fare i conti con i vecchi demoni, che stanno allontanando la gente e stanno facendo scemare l’interesse verso uno spettacolo col il finale ormai troppo scontato.
Cosa è giusto e cosa è sbagliato? Difficile stabilirlo. Il giusto, verosimilmente, è qualcosa che attiene con la coerenza delle scelte. La capacità di valutare allo stesso modo situazioni simili. Cosa accade quando nel calcio ciò non avviene in maniera sistematica? Come si reagisce? Chi si ribella? Chi ha il dovere di parlare? Qual è il punto di rottura del sistema? Che tipo di reazione sarebbe lecito attendersi? Quali reazioni sarebbero lecite? Il disinteresse? Il distacco? La rabbia? Chi la ripaga la passione della gente mortificata? Chi lo spiega ai bambini che credono si tratti di un pallone da calciare in rete e basta? Quando cadranno tutte le sovrastrutture che hanno inquinato quest'aria ormai irrespirabile? Troppe domande, senza risposta. Perchè una risposta non esiste, guardando l'immagine del fallo di Matuidi che non viene nemmeno ammonito e poco dopo Kessiè viene mandato a fare la doccia dopo consulto Var. In effetti la risposta ci sarebbe, ma sarebbe come pugnalare i sogni del bambino che ancora custodiamo gelosamente dentro di noi.
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