Da 0 a 10: il clamoroso hackeraggio ad ADL, Adani nudo per Olivera, la rivolta popolare per Kvara e le rosicate di Ibra e Fonseca
Zero ai deliri di casa Milan, a Fonseca che dice di aver espresso una qualità di gioco mai vista in Serie A quest’anno, che parla di un Napoli che ha fatto solo due tiri. In realtà, come un allocco, è caduto nella trappola di Conte che gli ha concesso il tiro da fuori e un possesso per lunghi tratti sterile. In tribuna Ibrahimovic avrà ripensato a quando, per il proprio ego, ha chiuso la porta in faccia ad Antonio. Conte logora chi non ce l’ha. E quanto lo stanno rimpiangendo. Notte di lacrime, da riempirci i Navigli.
Uno il tuffo, che è un manifesto generazionale della rivoluzione, con Meret che si lancia a capofitto in uscita bassa su Musah. Alex, che nelle uscite ha sempre avuto la sua Kryptonite, che si immola per blindare il risultato nel momento di difficoltà. “Posso migliorare tutti i calciatori che alleno” disse Conte nel giorno del suo insediamento. In quella uscita, la conferma che non aveva sparato una frase a caso. Sempre più sicuro Alex, l’uomo volante.
Due centrali e l’intesa telepatica che nemmeno Al Bano e Romina ai tempi di Felicità. Rrahmani è pulito, ordinato, preciso come il perfetto giocatore di destra a Padel. Buongiorno è aggressivo, arrembante, sempre pronto a lanciarsi in scommesse difensive che puntualmente vince, manco sapesse contare le carte al Casinò giocando a Black Jack come Alan di Una Notte da Leoni. Complementari e simbiotici, una fusione perfetta.
Tre in mezzo a fare legna, pressare, accorciare, impostare, verticalizzare. Non c’è l’ossessione della trama, non ci sono ragnatele da tessere, non è roba che piace a Conte. In mediana vige solo una regola: verticalità. Nei passaggi, negli inserimenti, nella rettitudine ossequiosa verso il sacrificio. Anguissa ispira con l’assist Lukaku, Gilmour si insinua negli spazi come poliuretano espanso, McTominay omaggia i Tiromancinco con la sua pazienza delle onde: andare e venire, ricominciare a fluire. Compatti, come i vestiti in un bagaglio a mano da imbarcare con Ryanair.
Quattro punti in due gare sui campi di Juve e Milan: facile fare i punti con le piccole no? Ah, non sono piccole? E allora abbiamo un problema Houston. O meglio, chi non aveva fatti i conti con Napoli, lo ha. Ed è pure grosso. Questa squadra sembra essere l’incarnazione fisica dei versi di Kypling nella poesia ‘If’: "Se saprai serrare il tuo cuore, tendini e nervi nel servire il tuo scopo quando sono da tempo sfiniti, e a tenere duro quando in te non c’è più nulla. Se non la Volontà che dice loro: “Tenete duro!”.
Cinque in linea e Politano a fare l’esterno basso. Senza l’aria scocciata, di chi era abituato a stare venti metri più avanti. Matteo è l’idea, che si è impianta nella testa di questo gruppo. E le idee sono pericolose, per gli altri, perchè sono più potenti anche dei proiettili. Le idee resistono, persistono, conquistano. Politano fa il cagnaccio ed esce felice, Mazzocchi entra per contenere le sfuriate finali di Leao e sarebbe disposto a sacrificare diversi arti per stoppare anche una sola sgroppata del portoghese. Anche gli angeli mangiano fagioli.
Sei De Laurentiis, in altri tempi avresti usato toni trionfalistici. Ma no, non è quel tempo. Probabilmente Conte si è fatto dare gli accessi, oppure ha direttamente hackerato il profilo X del patron. Che volo basso, fa ciò che deve fare: mostrare vicinanza, senza sfociare nell’ingerenza. Segue da vicino, ma distaccato. Come il padre, che vede il figlio giocare e si nasconde per curarne i passi, senza intromettersi nella crescita. Profilo basso Aurelio.
Sette e mezzo pienissimo ad uno straripante Olivera. Lele Adani è stato avvistato nudo in piazza Duomo mentre celebrava ululante la Garra charrúa dell’uruguaiano, provvidenziale in almeno tre occasioni con interventi perfetti sul piano del tempismo e della lettura. Ha messo in campo tutto ciò che aveva, senza risparmiare nulla, ma proprio nulla, di sè. A un certo punto, pare di essere su OnlyFans quando si è fatto venti metri di sprint per andare a chiudere Leao sulla fascia opposta. Scena vietata ai minori. Godimento purissimo.
Otto volte con lo zampino in un gol del Napoli: quattro gli assist ed ora quattro pure i gol di Lukaku. E che gol, per sbloccare la gara di San Siro e scrollarsi di dosso pure qualche paura e qualche critica. Dopo 5’ decide di omaggiare Bud Spencer, imitando una delle scene di Lo Chiamavano Bulldozer: Pavlović se lo perde, prova a rimediare col fisico, ma rischia di essere disintegrato all’impatto con l’asteroide in movimento. Prima la forza, poi la delicatezza, col mancino che ruba il tempo a Maignan ed il sonno a Fonseca. Eh già, deve essere proprio una pippa questo Romelu.
Nove alla scintilla primordiale, l’uomo che si evolve mentre scopre la natura, il piede che si fa arte come in una bottega rinascimentale. C’è tutta la tensione evolutiva di un Campione nella partita di Kvaratskhelia, che danza sulle punte mentre aiuta in difesa e poi è chirurgico a piazzare il pugno che stronca i sogni del Milan. "Vola come una farfalla, pungi come un'ape. Combatti ragazzo, combatti”: è Kvara Alì sul trono del più grande a San Siro. E quel rinnovo dateglielo, copritelo di soldi, siamo disposti ad un azionariato popolare. Toccateci tutto, non Kvara.
Dieci partite, vinte otto delle ultime nove con un pareggio nel mezzo. Lo scorso anno sembra un ricordo lontano, in realtà non pare nemmeno essere esistito. Come la scena di Interstellar sul pianeta Miller: ogni partita di Conte equivale a dieci anni di distanza rispetto al Napoli di Garcia. Tutto è cambiato, stravolto, capovolto almeno un paio di volte. Tutte le paure, i dubbi, le incertezze, le crepe, i vizi, le debolezze: un immenso, immediato, provvidenziale ripristino delle impostazioni di fabbrica. È tornato ragazzi. È tornato un Napoli che può lottare per lo scudetto. Lottare è la parola chiave per la realizzazione di quello scopo. I meriti sono tutti lì, tutti suoi. Quel signore che di nome fa Antonio e di cognome Conte.
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