Il dubbio di Amauri: "Conte è un lavoratore, ma non credo sia più bravo degli altri"

Il dubbio di Amauri: "Conte è un lavoratore, ma non credo sia più bravo degli altri"TuttoNapoli.net
© foto di Federico De Luca
sabato 12 ottobre 2024, 23:00Le Interviste
di Davide Baratto

L’ex attaccante italo-brasiliano Amauri è intervenuto a ‘Champions Lounge’ - salottino di approfondimento calcistico in onda su Twitch, commentando l’attualità del calcio internazionale e ripercorrendo tappe salienti della sua carriera. Di seguito le sue parole.

In merito ai bombe oggi protagonisti in Serie A, Amauri ha affermato: “Per la Nazionale italiana oggi non c’è una punta più forte di Mateo Retegui. Oltre Scamacca, per me ottimo attaccante con grosso margine di miglioramento, Retegui attualmente è quello che sta meglio di tutti. In Serie A, mi piace Dusan Vlahovic, sebbene a volte ecceda nella smania e commette errori comunque normali, nel senso che è troppo. Deve essere un po’ più sereno, ma è un grande bomber. Fa gol, gioca per la squadra. Quando la squadra giocherà per lui e non viceversa, potremo dire se è straordinario o meno".

Il confronto fra gli attaccanti del campionato italiano però lo vincono Morata e Lukaku: "Lo spagnolo lo preferisco anche a Lautaro, Non che Lautaro sia scarso, si tratta di una preferenza. Invece, fra Morata e Lukaku, preferisco il belga. Su tutti poi Vlahovic”.

La classifica dice Napoli, ma la Juventus inizia a prendere forma. Amauri ha opinato: “Conte è un lavoratore, ma non credo che sia più bravo degli altri. Sta vivendo un grande momento, guardando ai suoi numeri ad oggi, è sicuramente più avanti degli altri. Conte ha già vinto rispetto a Thiago Motta, lui è da vedere. Però fare quanto ha fatto col Bologna è notevole, ha una strada da percorrere importante”.

Sull’inizio stagione dell’Inter: “Trovo che l’Inter sia sempre una grandissima squadra. A volte ci sono anche le altre squadre a pressare, ma trovo che abbia un grande allenatore. Ha in rosa grandissimi campioni, giocatori che hanno già dimostrato di esserlo. A inizio stagione capita di affrontare qualche difficoltà ma non metterei in dubbio che sia ancora la gran favorita per vincere. L’Inter può fare una grande Champions”.

Ripercorrendo la sua carriera, Amauri si è raccontato cominciando dal nomignolo ‘Calimero’: “Odiavo questo nome, poi ho imparato la sua storia e mi è piaciuto. Sono arrivato in Italia come lui: con una valigia e da sconosciuto. Dovevo ancora cambiare il mio destino e grazie a Dio ho vissuto 18 anni in Italia. Ho fatto una lunga carriera, giocando con i migliori di tutti i tempi. Ho fatto coppia con grandissimi calciatori. Mi porto dietro questo personaggio con piacere. Da ragazzo ho lavorato anche al supermercato, fa parte della mia storia. Lo porto dentro come un esempio, nella vita se hai un sogno devi corrervi dietro anche se vi sono ostacoli. In quel periodo ce n’erano tanti per lasciare stare. Mancavano i soldi, mancava tutto a casa. Lavoravo lì e andavo anche a giocare. Non me ne vergogno, per me è stata benzina”.

L'arrivo al Napoli e il primo gol in Serie A: “Uniamo il supermercato, Calimero ed Edmundo, penso al primo gol in Serie A. In quel momento mi sentivo la persona più forte del mondo: la prima rete in A di fianco a uno dei miei idoli nel calcio. Un anno prima lo guardavo giocare dal Brasile non ero nessuno. Un anno dopo, una foto dove lo porto sulle spalle. All’epoca era lo Stadio San Paolo, dove hanno giocato Maradona e Careca… Mi spiego? In squadra c’era anche Pecchia. Io ero piccolo, un ragazzino. Si vedeva che lui avesse dentro questa cosa di fare l’allenatore. Oggi sta facendo bene, sta facendo tanto. Io sono molto felice per lui, è stato fra coloro che mi hanno sempre rispettato nonostante avessi 19 anni. Mi ha sempre fatto sentire tranquillo”.

Il legame col Palermo e un aneddoto speciale: “Per Palermo ho un affetto speciale. Sono stati due anni intensi, sono cresciuto molto. Mi ha dato l’opportunità di arrivare alla Juve. L’affetto che hanno per me è assurdo. Sono tornato dopo tanti anni a Palermo per l’inaugurazione del centro sportivo e pensavo non mi mancasse il calcio. Tuttavia quando ho messo il piede in campo, per la prima volta dopo aver smesso di giocare, mi è venuta voglia di scendere di nuovo in campo. Mio figlio mi ha detto che non mi aveva mai visto così. È l’aria di Palermo che mi lascia così, gli ho risposto”. 

Sulla Juventus: “Alla Juve non c’era una società dietro i calciatori e i nuovi acquisti abbiamo pagato. Amauri, Felipe Melo, Diego… poi dopo che sono rientrati i signori Agnelli, è cambiata la cosa, ma già non ero più nel gruppo e sono andato a Firenze. Proprio lì ho segnato il gol contro il Milan che ha dato alla Juve la possibilità di vincere lo scudetto. Io con Conte non ho mai avuto un problema. Per quello che mi riguarda, quando era alla Juventus, mi voleva in squadra, ma la società mi aveva messo fuori. Vedeva tutti i miei allenamenti e mi parlava sempre. Non mi ha mai mancato di rispetto. Mi ha voluto ma non poteva”.

Le lacrime per la Nazionale: “Quando ho accettato l'Italia, è arrivato il passaporto e mi ha chiamato Prandelli. Avevo appena compiuto 30 anni. Sono andato da Torino a Firenze con l’autista e per tutti il tragitto ho pianto in auto. Mi viene ancora l’emozione a pensarci, perché ciò rappresentava tutto quello che avevo vissuto per arrivare lì: il supermercato, Calimero, il Napoli quando sono arrivato, Piacenza, Messina, Chievo Verona, Palermo, la Juventus… in quel momento pensavo a miei genitori e ai sacrifici che hanno fatto perché arrivassi lì. Ogni volta che ci pensavo piangevo, l’autista non mi ha detto nulla ma mi vedeva, perché ricordavo tutto questo e piangevo”.