Da 0 a 10: le scelte shock di Fabbri, le stron**te sul mercato di ADL, Conte asfalta Mancini e i caroselli al Circo Massimo per il pari
Zero a questi maledetti minuti di recupero, che hanno stravolto gli umori, i giorni di questa settimana che è già infinita, i viaggi mentali nello sconosciuto mondo dell’aritmetica, facendo calcoli assurdi come Alan al tavolo da gioco in una Notte da Leone. Dal Derby di Milano, al sinistro di Angelino, un corso accelerato di evocazione accorata di tutte le divinità venerate dalla notte dei tempi, ad oggi.
Uno il gol, che arriva da una situazione che Conte, lo dichiara lui stesso, aveva mostrato almeno ‘dieci, dodici volte ai ragazzi in sala video’. Esiste però una distanza tra pratica e teoria, un percorso che va colmato con l’applicazione e l’attenzione. Mazzocchi s’è smarrito lungo quella strada, ha completamente staccato la spina. Per quasi dieci secondi ha perso di vista Angelino, l’unica cosa che i suoi occhi avrebbero dovuto cercare in quel momento. L’amore a volte accieca Pako, bisogna restare lucidi.
Due rigori che probabilmente mancano. Magari uno e mezzo, ma il concetto è chiaro: Fabbri non ci ha capito una mazza! Ha sventolato cartellini a caso, consentito calcioni, provocazioni, insulti. Non ha mai tenuto lo stesso metro, meno coerente nella direzione arbitrale di Domenico Scilipoti nella carriera politica. Un arbitro inadeguato, immotivatamente saccente, mal assistito anche da assistenti e Var. Ma cosa dobbiamo fare per avere un arbitro decente? A chi bisogna rivolgersi? Ci sono le associazioni per qualsiasi cosa, fondiamone una: Dona al Napoli un arbitro decente.
Tre partite tostissime, una accanto all’altra, come dover Everest, K2 e Kangchenjunga senza manco tornare a casa per farsi una doccia. Avrebbe firmato Conte per uscirne con sette punti, avremmo firmato pure noi, col sangue. È solo una questione di prospettiva, come in ogni cosa: l’avessi pareggiata tu al 92’, non ci sarebbero i musi lunghi che ci sono. È il pallone, che lancia in alto la monetina del destino ed a volte ti mostra la faccia bella, altre volte ti mette in croce. Gli uomini veri, accettano Dea Vittoria e Dea Sconfitta, perchè conoscono le bizzarrie di Dea Fortuna. Kipling, insegna. IF.
Quattro punti, son ballati quattro punti nel tempo di qualche sospiro. L’Inter poteva avere un punto in meno, il Napoli in due in più, chissà se diventerà uno di quei rimpianti generazionali, tipo quella volta che potevi mollare tutto e aprire un bar in Costarica, poi ti sei svegliato e sei andato in ufficio come gli altri giorni. Questa squadra ha un compito quasi storico, cancellare questa sequenza che s’è rubata il sonno di molti, che si è intrufolato come un tarlo nel legno, come una vocina che dice: t’immagini se dovessero risultare decisivi? No, non ci vogliamo neanche pensare.
Cinque all’impreparazione, palese, di Mancini nelle dichiarazioni post gara quando parla di tante occasioni create dalla Roma Conte lo ‘blasta’ senza nemmeno dedicargli troppe attenzioni: “Ma a che minuto è entrato?”. Poi l’altra sciabolata morbida al mondo giallorossi: "Mi fa piacere che esultano così tanto per un pareggio, significa che siamo temuti”. Dopo il Premio Rimesso Laterale assegnato a Karsdorp nell’anno dello scudetto, il nostro scudetto, pronto un nuovo premio da mettere in bacheca per la Lupa: Pareggio con la Capolista.
Sei Conte, sbagli qualche cambio: può accadere, a chi non ha sbagliato nulla da quando ha messo piede a Napoli. S’abbasso troppo Antonio, tradito pure da qualche uomo in affanno, dopo il primo tempo di dominio senza massimizzare quello strapotere. Il Napoli ha pareggiato per il mercato? Stronz**e. Il mercato inciderà nel lungo periodo? Sì, assolutamente sì. Hai perso il più forte che avevi, lo rimpiazzerai con uno che ha più incognite che certezze. Questo è il grande azzardo di De Laurentiis, un rDa 0 a 10: le scelte shock di Fabbri, le stron**te sul mercato di ADL, Conte asfalta Mancini e i Caroselli al Circo Massimo per il pariischio maschio senza fischio. Speriamo gli riesca ancora la Mandrakata.
Sette vittorie di fila dopo il ko con la Lazio. Se c’è una cosa che questo Napoli sa fare è curarsi in fretta le ferite, tornare più forte dopo una mazzata come faceva Vegeta. Se perdi e non impari, non c’hai capito nulla della vita. Se non perdi mai, e impari sempre, allora sì che puoi avere ambizioni probabilmente più alte delle aspettative. Come diceva un ispirato Johnny Deep nel finale da brividi di ‘Blow’: “Sono contento perché la mia ambizione ha superato di gran lunga il mio talento”. Se qualcuno pensa che questa squadra possa subire un contraccolpo, quel qualcuno ancora non ha capito che attributi ha questa squadra.
Otto a Juan Jesus, che con la 5 sulla schiena omaggia, nello stadio che è stato casa sua, Paulo Roberto Falcao. Tra le cose più sorprendenti della nostra vita, oltre allo scambio Lebron James-Doncic, c’è sicuramente il lancio millimetrico del brasiliano per il gol di Spinazzola. La ciliegina, su una torta che è fatta di tantissima sostanza, in una prova dall’applicazione difensiva commovente. Vederlo ringhiare, col baricentro basso e i denti affilati su ogni avversari, è una gioia anche per chi l’aveva criticato. “Quell’uomo merita la sua vendetta” parafrasando una delle citazioni di Kill Bill. Possiamo dirlo, e appare incredibile dirlo, JJ non ha fatto rimpiangere manco per un secondo Buongiorno. Pazzesco.
Nove alla nuova vita di Spinazzola: ala, terzino, bomber e chi più ne ha, più ne metta. Aveva già imbarcato il bagaglio, pronto a fare il check-in per la prossima destinazione. Sai, non aveva funzionato: può accadere. Poi Kvara, poi Olivera che si fa male, poi la grande occasione. Quando parte, non lo prendono. Quando tocca il pallone, lo fa con una sapienza da professore. Nel tempismo, poi, è imbattibile: Pellegrini dalla panchina gli manda un affettuoso ‘Vaffa’ (i due sono amici), lui pochi secondi dopo è perfetto nello scavalcare col tocco delizioso Svilar. ”Che ce frega de Garnacho, noi c’avevo Spina gol”, un tantino eccessivo, ma rende l’idea della crescita di Leo.
Dieci alla capolista, che resta capolista. Che gioca un gran primo tempo, asfissiante, perfetto nelle geometrie e nei movimenti senza palla. È mancato il cazzotto che manda al tappeto la Roma, che si è ritrovata con più fiato e con i giocatori migliori entrati a gara in corso. È solo caso, un monito dell’implacabile legge statistica che dice che nessuna squadra può vincere sempre. Qui le strade sono due: deprimersi ripensando all’ultima mezz’ora o restano più che ottimisti ripensando alla prima ora di gioco. Io imbocco, con assoluta determinazione, la strada dell’ottimismo. Chi mi segue?
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