Da 0 a 10: i commenti shock a Dazn, il patetico pianto di Inzaghi, la sconvolgente decisione al Var e la frase storica di Conte

Da 0 a 10: i commenti shock a Dazn, il patetico pianto di Inzaghi, la sconvolgente decisione al Var e la frase storica di ConteTuttoNapoli.net
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Ieri alle 21:11Copertina
di Arturo Minervini
Il Napoli domina l'Inter e trova il pari meritatissimo. Negato un rigore clamoroso agi azzurri, Conte porta a scuola Inzaghi

Zero a DAZN che ci fa vedere dodici volte il contatto McTominay-Dumfries e mai, invece, la punizione da cui nasce il gol dell’Inter. Per il tocco di mano dello stesso Dumfries, poi, bisogna attendere l’intervallo per una ripresa decente, il tempo di costruire una memoria difensiva, che manco sta in piedi. È ciò che ci fanno vedere, che orienta i commenti. È ciò che ci fanno sentire, come l’audio di Lautaro scomparso e poi riapparso quando ormai è inutile, che orienta pure i campionati. “Lei si preoccupa di quello che pensa la gente? Su questo argomento posso illuminarla, io sono un'autorità su come far pensare la gente”.

Uno il punto che non è solo un punto. Appartiene ad una questione filosofica, quella che dice che a volte quando vinci perdi e quando perdi vinci e quando pareggi in realtà vinci o perdi. Ecco, questo pareggio, pure questo -1 dalla vetta, ha un sapore differente. Sembra di poterlo masticare, fa ‘crunch’ sotto ai denti come una pizza fritta, ha il sapore che nasce dalla soddisfazione di aver dato tutto, anche ciò che pensavi di non avere. È un gusto impagabile, che fa nascere un sorriso, che fa tenere la schiena dritta e ti rende orgoglioso di tifare per questi ragazzi.

Due gli episodi che non sono simili, ma che la stampa nazionale, e pure Inzaghi, vogliono spacciare come tali. McTominay va su Dumfries, contatto che viene valutato da Doveri, lì il Var non può intervenire. E, ficcatevelo bene in testa, sullo sviluppo della stessa azione arriva la punizione del gol interista. Cosa voleva Inzaghi, segnare due volte sulla stessa azione? Qualcuno gli spieghi che non si può. Il rigore negato al Napoli è cristallino, chiunque è dotato di logica lo ammetterebbe, e invece Marelli al commento ci spiega una teoria nuova: “Il braccio, molto largo, non avrebbe cambiato la direzione del pallone”. Livello di creatività: venditore ambulante di calzini a via Toledo.

Tre mesi senza praticamente vedere il campo e poi una prestazione del genere: tutti in piedi, come dopo un un assolo alla chitarra del suo omonimo David, per Billy Gilmour. Che partita dell’ex Brighton, più intenso di un cioccolato fondente al 99%: recupera tantissimi palloni, si propone negli spazi per alimentare la manovra, va sempre a dare fastidio tra le linee di passaggio. Una zanzara in mezzo al campo, con la giusta dose di cazzimma da riuscire a pungerti nell’unico punto del corpo lasciata scoperta. “Non vorrei essere un sottofondo, vorrei che la mia musica fosse l'unica cosa importante, almeno nel tempo in cui la si ascolta”.

Quattro sostituzioni, con Billing, Okafor e Olivera che entrano bene in partita. L’intento di Ngonge, che nel finale ha il pallone buono ma tira una mezza ciofeca quando doveva provare il tiro a giro sull’altro palo, appare chiaro. Vuole provare a raccogliere l’eredità della ‘Finta inutile di Zuniga’, ma non ne ha la struttura. Anche ieri in due occasioni non crossa, per rientrare sul sinistro: più scontato del finale di una puntata della signora in giallo. Però, le prestazioni di due poco utilizzati come Gilmour e Billing mi hanno ricordato la scena epica dei fagioli in Napoli Milionaria: “Allora ci stanno i fagioli?”. Ecco, Antonio, sfruttiamoli un pochino di più questi ragazzi, che la panchina non è così inadeguata come si vuole raccontare. 

Cinque gare senza vittoria, non era mai successo prima nella carriera di Conte. Un dato che sarebbe il proemio perfetto per un libro sulla ‘crisi del Napoli’, diventa quasi irrilevante, secondario, alla prestazione fatta contro l’Inter. Perchè il calcio va prima di tutto visto, poi raccontato. E in queste cinque gare senza vincere, c’è di tutto: sfortuna, torti arbitrali clamorosi, un brutto secondo tempo a Como che ha fatto incazzare Antonio più di tutto, perchè sul piano della cattiveria una sua squadra non può mai andar sotto. Il peggio pare essere alle spalle, le gambe girano, la testa è salda, i cuori son pronti a provare a regalarsi una storia da ricordare per sempre. Cos’è la vita, se non sognare di arrivare un passo più avanti del viaggio più lungo che pensavi di poter fare?

Sei e mezzo a Doveri, che applica un metro e lo tiene per tutta la gara. Manca il giallo a Bisseck, ma un errore ci può stare, mentre sul rigore non dato al Napoli le colpe imperdonabili sono tutte del Var. C’è un aspetto però insopportabile da denunciare, questa aggressione fisica fatta dai giocatori dell’Inter per protestare pure sull’inquinamento globale. Per chiedere un giallo a Rrahmani, Lautaro insegue Doveri, va faccia a faccia, che pare di vedere Genny Savastano con la mazza da baseball contro il Sindaco di Giugliano per le schede elettorali. Lo affianca il suo assistente ‘nel crimine’ Barella, per un pianto continuo e senza sosta, con Inzaghi che fa da sottofondo mentre funge da terzino aggiunto sulla fascia. Ho avuto un flashback: Chiellini e Bonucci uscite da quei corpi. 

Sette a Lukaku, che gioca ‘la migliore partita da quando è al Napoli’. Lo dice Conte e forse tiene ragione. Romelu sbaglia poche scelte, mette pressione sulla difesa nerazzurra, meriterebbe un gol che solo un miracoloso Bastoni gli nega. È la chiave d’accesso ai file nascosti di Inzaghi, l’hacker che permette di entrare nel sistema interista. Sta bene, di testa e di gambe, senza di lui il Napoli è come Jack Sparrow perso in mezzo al mare senza la bussola. Il suo valore è misurato dalla sua assenza: con Udinese e Como, quando è uscito dal campo, la squadra è sparita. 

Otto a Conte, che porta a scuola Inzaghi col giochino della sedia: mentre Simone provava a sedersi sulle proprie convinzioni, Antonio la tira via e lo fa cadere. Partita preparata alla perfezione, dominata per 95’, senza che mai l’Inter potesse abbozzare una reazione. Dimarco pesca il jolly da calcio piazzato, per il resto Meret poteva andare pure a visitare la mostra dei Vinili a Fuorigrotta, non sarebbe cambiato nulla. Mentre Inzaghi piangeva per gli infortuni, Conte lo dominava senza due titolarissimi come Neres e Anguissa. Antonio era un fuoriclasse prima di Napoli, ma c’è la sensazione che sia divenuto ancor più bravo grazie agli studi nel periodo di inattività. 

Nove a Billing che ci prova due volte, prima col sinistro e poi col destro: un trattato di resilienza. Quando Lobo mette il turbo e aziona la visione periferica, vedendo l’unico puntino azzurro in mezzo a cinque colossi nerazzurri, sai che qualcosa di speciale sta per accadere. Philip, che prima di ieri non aveva ancora messo piede in campo al Maradona, arriva puntuale all’appuntamento col destino e non si arrende dopo il primo rifiuto. Ha fatto saltare in piedi più persone che tappi a capodanno, per un gol che potremmo ricordare per tanto tempo. Che ci tiene lì, aggrappati, meravigliosamente aggrappati. Ci perdonerà Shakespeare, ma c’è del godimento in Danimarca, altro che marcio!

Dieci al ‘Se vogliamo, possiamo’. È un manifesto culturale, affisso sulle pareti della città, dentro ai vicoli, lungo la strada di un cammino tutto da compiere. Il Generalissimo Antonio chiama le volontà a raccolta, le vuol vedere schierate dinanzi a lui, senza nessun obiettivo precluso. Apre allo scudetto, sconvolgente come scoprire che il respiro ghiacciato di Di Caprio in Titanic è stato riciclato nella scena dell'incontro col pinguino in Fight Club. La tempistica dell’annuncio non è mica casuale, aspettava questa sfida all’Inter per testare i suoi ragazzi, l’esercito che ha forgiato col suo metodo, che ha coccolato, rimproverato, custodito con la cura delle cose che hanno bisogno del tempo per dare i frutti sperati. Ora è lì, a guardarli negli occhi. A chiedergli un ultimo sforzo di volontà. Credere è l’atto di volontà più sconvolgente conosciuto in natura.

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