Forgione tuona: "Lo stadio più incivile d'Italia! A Firenze è nato il pregiudizio sui napoletani"
Lo stadio Artemio Franchi di Firenze si conferma inospitale per i tifosi napoletani. Angelo Forgione, scrittore e storico napoletano, ha pubblicato un post a riguardo su Facebook: "Va detto chiaramente che quello di Firenze è lo stadio più incivile d'Italia. Non solo quando ospita il Napoli mostra tutto il peggio di un popolo mediamente maleducato, volgare e tracotante. Dispiace che la retorica di Firenze culla di civiltà non riguardi solo lo stadio, purtroppo. Città che dietro ai suoi capolavori cela un'identità ostile, inospitale, sgarbata, chiusa, narcisista, concentrata sulle sue bellezze e poco incline alla condivisione e alla cordialità. Basta andarci da turista per toccare con mano la scortesia e la maleducazione dei commessi nei negozi, di ogni personale di servizio e pure degli albergatori ed esercenti ai quali si portano guadagni.
Esattamente in quella città è nato il pregiudizio sui napoletani, inaugurato nel Quattrocento per l'invidiata bellezza dei luoghi partenopei e dell'unica corte reale d'Italia, alla quale la Firenze medicea si rivolse per assicurarsi una stabilità minacciata dai suoi banchieri e mercanti e per affermare il suo volgare, che mai Dante aveva considerato degno di essere esteso a tutta la Penisola. Piuttosto, lo definì "turpiloquio" nel "De vulgari eloquentia", e scrisse che erano degli "infroniti" (pazzi) i suoi conterranei che lo ritenevano superiore, lui che si era rifatto al "siciliano illustre" nel suo stilnovismo e che serbò un risentimento personale per la sua città dalla quale era stato costretto all'esilio".
Il Piovano Arlotto fu il primo a infangare i napoletani, e lo seguirono Luigi Pulci, Bernardino Daniello e altri toscani. Certa discriminazione l'hanno avviata loro, i letterati della Firenze culla di civiltà, mica i tifosi del calcio moderno che a Firenze, più che altrove, urlano bestemmie e insulti di ogni tipo davanti ai loro bambini, in tribuna come in curva, e maltrattano i giornalisti "avversari"; magari palpeggiano pure le giornaliste all'esterno del "Franchi"".
E mentre i colti di un tempo disprezzavano Napoli da lontano, il fiorentino di Certaldo Giovanni Boccaccio, che a Napoli visse per una quindicina d'anni di gioventù al seguito del padre banchiere, scopriva una cosmpolita corte regale che nella provinciale Firenze non si poteva neanche immaginare. Costretto ormai adulto dallo stesso padre a tornare in patria, soffrì il provincialismo fiorentino e cercò invano di riprendersi Napoli, che considerò la sua patria adottiva e amò per tutta la vita".
Solo uno dei tanti, il suo concittadino Luciano Spallettone, con cittadinanza e tatuaggio di Napoli, a denunciare ciò che avviene spesso in quello stadio e pure all'esterno, puntualmente quando arrivano i napoletani: «Il pubblico di Firenze è di una maleducazione incredibile»".
Sarebbe il caso che i fiorentini scendessero dal trespolo, magari apprendendo che la prima accademia umanistica è stata fondata a Napoli nel 1447, quindici anni in anticipo rispetto alla prima di Firenze, e che la piccola Firenze, nel 1865, divenne capitale d’Italia, preferita alla ben più grande Napoli (centomila abitanti contro cinquecentomila) solo perché, come disse Vittorio Emanuele II al Consiglio dei Generali, spostando i ministeri da Torino alla città toscana si sarebbe potuto sempre dire facilmente addio ai fiorentini una volta cacciato il Papa dal Quirinale, mentre dalla grande Napoli, prima città italiana per popolazione e terza nel Continente, ex capitale rispettata in Europa e luogo di cultura degna delle grandi capitali europee, non si sarebbe usciti facilmente, e si sarebbe corso il concreto rischio di dover rinunziare definitivamente a Roma (stentati duecentomila abitanti)".
La bellezza di una città non vale la bellezza di un popolo. Ma vuoi vedere che il paradiso abitato da diavoli, metafora elaborata dall'Arlotto per Napoli, calza più alla sua Firenze?".
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