Da 0 a 10: la rosicata storica di Gasperini, l'acquisto pazzo di ADL, Conte che asfalta la Dea e la svista che poteva falsare il campionato
Zero a Gasperini, che dopo aver preso tre pere ha l’ardire di parlare di un ‘Carnesecchi poco impegnato e di un’Atalanta superiore al Napoli’. Ah, come rosica Giampiero. Che aveva fatto turnover in Supercoppa, perchè nella mente aveva un solo obiettivo: lo scudetto. Poi arriva Tonino, gli impacchetta la vendetta sotto casa e gli lascia un’amarezza che nemmeno Lino Banfi quando il presidente della Longobarda gli dice: ‘Perdere e Perderemo’. Pesante da digerire. È facile da capire Gasp, ripeti insieme a noi: “Carnesecchi non è stato impegnato perchè i tre gol del Napoli erano imparabili”. Poi scrivilo alla lavagna 100 volte come Bart Simpson.
Uno l’errore colossale, che avrebbe potuto cambiare la storia della partita e pure del risultato. Colombo combina un pasticcio enorme, ammonisce Neres che aveva subito un pestone da cartellino arancione da Bellanova. ‘Ma che significa’, direbbe Conte, che con 100 telecamere tutti vedono e nessuno possa intervenire? Ma che schifo è? Ma perchè lasciare questa discrezionalità che apre solo a cattivi pensieri? In due secondi il mondo ha visto che il giallo era per Bellanova, perchè non intervenire? Var a chiamata, pure per queste scandalose situazioni. Subito!
Due assist e lo spostamento dell’asse terrestre di qualche centimetri. Anguissa è i quattro elementi, tutti assieme, racchiusi in un corpo sempre in movimento ed in quei capelli che sono una specie di segnale prima di scatenare l’inferno. Sciolgo le trecce e i cavalli corrono e le tue gambe eleganti ballano. Ha già segnato quattro gol, ha già fornito quattro assist: un otto in totale da rovesciare per richiamare l’infinito. Con Frank lì in mezzo, le strade sono più sicure, il futuro è meno incerto, i sogni tirano fuori la capuzzella dai cassetti. E ci sei, adesso tu!
Tre attaccanti, uno che fa pure il terzino fluidificante e finisce puntualmente sfinito, stremato, avendo dato tutto ciò che aveva in corpo, più di ciò che aveva in corpo. Politano spazza la traversa, infila il pallone lì dove osano le aquile e avvia la riscossa azzurra. È il simbolo plastico della rivoluzione contiana, il cristallo purissimo lavorato da Walter White per una squadra da sballo. Si è immerso totalmente nel nuovo progetto, ha sposato la causa, è soldato e comandante al tempo stesso. Mangia pane e veleno, poi ci aggiunge del caviale col sinistro che gli ricorda che è bravo pure a far gol. L’esultanza dedicata a Conte mica è un caso
Quattro Lobotka sparsi per il campo, una cascata di sale alla Salt Bae a dare un sapore ed un senso a tutte le cose. Stan è la lavatrice del centrocampo, ripulisce tutti i palloni sporchi, toglie macchie eventuali e restituisce nuova linfa ai colori. Gli atalantini pressano come dannati, lui con le sue piroette li manda spesso fuori giri. Non è un regista, è uno di quei carillon chiusi dentro una palla di vetro, che girano su se stessi e suonano una musichetta rilassante. È quasi magia, pure se non si chiama Johnny.
Cinquemila forse più, forse meno, ma chi se ne fotte. Stavate tutti lì, a Capodichino. Non c’era uno che mancasse. Stavano pure i nonni, che non ci sono più. Con i corpi, con le menti, con i cuori, con i sospiri, con i sogni. Tutti lì. A cantare, a condividere, a sostenere. Non una squadra, non degli uomini, ma una maglia. Un’idea. E le idee sono a prova di proiettile, resistono a tutto le idee. In difesa anche di quell’ultimo centimetro, che spesso è l’unica cosa che ti resta. Napoli nel mondo ha vissuto una notte insonne, una notte insieme, un raduno senza confini. Fossi un calciatore, avrei ancora i brividi lungo la schiena a pensarci, a tutto questo amore. Come disse quel genio di David Lynch: “Non si è obbligati a comprendere per amare. Ciò che occorre è sognare”. Non cercate di capirci qualcosa. Non fate le analisi sociologiche di questa ceppa. Godete di questa gioia collettiva. Senza farvi troppe pippe mentali. “Napoli, è troppo fuori scala, esagerata, per poterla misurare”.
Sei gol in stagione, il quinto in campionato per lo scozzese dal piede sempre caldo. Gli rimbalzano addosso i bergamaschi a Scott lo spietato, si butta nei duelli come un personaggio uscito dalla penna di Palahniuk e ne esce sempre vincitore. Allunga, accorcia, si avvinghia, scappa via in dribbling e tiene la capacità di non far scappare mai l’attimo che passa dinanzi ai suoi piedi: il piattone del 2-1 è un taglio di bisturi sulla pelle della Dea. Qualcuno disse che Percassi era un genio ad aver rubato Brescianini al Napoli, allora De Laurentiis è Einstein che ha preso McTominay. Propongo di raffigurare il suo profilo granitico sul Vesuvio in stile Monte Rushmore.
Sette alla resurrezione di uno che di cognome fa Jesus, non certo una novità nella storia. Juan gioca una gara pazzesca, con un livello di aggressività altissimo e la soglia d’attenzione che nemmeno il custode del Sacro Graal. Conte gli ha iniettato una siringa di fiducia un secondo dopo l’infortunio di Buongiorno, l’ha rifatto sentire importante ed ha trovato tutte le risposte che cercava. In relazione alle aspettative, il più sorprendente. Bravo JJ. Che poi pure la parata di Meret su CDK ha qualcosa di miracoloso.
Otto all’era di David Neres, ufficialmente iniziata. Il Napoli è in difficoltà nei primi venti minuti, lui si carica la squadra sulle spalle iniziando a caricare a testa bassa come un Toro Loco. Nello stretto è un Black Mamba, che pare di rivedere Kobe Bryant che sfugge a un raddoppio e vola verso il canestro. Irraggiungibile per chiunque, visionario come pochi: bello l’assist per Politano, paradisiaco il tocco di tacco per Anguissa nell’azione che porta Scotta al gol. Ha la capacità di nascondere la palla e farla riapparire qualche metro più in là, un illusionista con lo sguardo sempre uguale e la samba che gli scorre nelle vene. Le aride statistiche dicono sei assist, ma ha già generato almeno una decina di gol. Obrigado.
Nove a chi usa la testa, metaforicamente e non. Lukaku è un centravanti ragionato, pure un pochino ragioniere. Spizzica il pallone, lo protegge, si chiude a riccio e si becca le botte per dare respiro alla squadra. Nel suo continuo sacrificio, il Napoli trova respiro e spazio, ispirazione e opportunità. Conte lo indica, lo cerca, lo abbraccia, perchè ne conosce l’utilità all’interno del suo sistema. Romelu c’è, se ne accorge Scalvini che viene spazzato via dalla fisicità del belga, bravo a sfruttare l’unica occasione che gli capita. Ha segnato otto gol, in otto partite differenti: nessuna doppietta per il pubblico, solo marcature che valgono quanto l’osmio, l’elemento più pesante che esista in natura. Big Rom, non è per tutti.
Dieci a Conte che risolve a modo suo lo stallo alla messicana per lo scudetto. Stecchisce Gasperini, lo manda a meno sette, finendo la gara con Spinazzola e Mazzocchi (scena cult il placcaggio a Carnesecchi) esterni d’attacco. Sarà duello a due con l’Inter, Antonio potrà guardare negli occhi il suo passato. Occhi che ora vedono solo l’azzurro, che gli è entrato nella pelle. Che alle tre di notte stava col megafono in mano ad urlare Forza Napoli coi tifosi. Che vuole regalare una gioia ad una piazza che gli stando tanto, tutto. Chiede aiuto a De Laurentiis, serve un investimento pazzo, dicendo che al posto di Kvara o arriva uno forte o lasciamo pure stare. Ma è chiaro che la seconda opzione nemmeno la prende in considerazione. Serve uno sforzo presidente. Dia a quest’uomo in missione ciò che chiede. Diamogli tutto ciò che chiede. Pure le chiavi del Maschio Angioino. Anto’, stai facendo innamorare più cuori tu che le colazioni a domicilio con le rose.
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