Clemente di San Luca a TN: "Atalanta ci ha picchiato grazie a irritante metro arbitrale"
Guido Clemente di San Luca, Ordinario di Diritto Amministrativo all'Università della Campania Luigi Vanvitelli, commenta così il momento di casa Napoli.
"Non è, ovviamente, una osservazione rilevante sul piano tecnico-tattico, né su quello tecnico-giuridico. Ma lo è senz’altro sotto il profilo simbolico. Vogliamo la maglia azzurra! Basta col far prevalere le istanze mercantili! Quella maglia nera non ci rappresenta, e porta anche male, molto male. Ed è pure brutta, non si può proprio vedere!
2. Basta anche col parlare delle regole, della loro applicazione e della loro violazione, senza disporre delle indispensabili nozioni giuridiche di base. Gli arbitri sono, sempre più palesemente, una vera e propria casta. Forse altrettanto potente di quella dei mercanti del pallone. Ma chi sono, quale titolo vantano, i vari Casarin, Marelli e compagnia bella, per discettare sproloquiando sulle regole e sul senso del gioco? Chi gli ha dato la patente di ‘oracoli’, che gli permette di asserire quali verità ‘tecniche’ sciocchezze madornali, corbellerie grossolane? Solo il fatto che essi rappresentano esponenti di quella casta. Una casta che difendono, in maniera ormai addirittura goffa, giustificando a spada tratta, a loro uso e consumo, la persistente violazione delle regole. Nessuno ne ha parlato, eppure, ad esempio, la partita con l’Atalanta è stata palesemente indirizzata, e dunque falsata, dall’arbitraggio di Doveri. Il quale ha tollerato sin da subito la marcatura fallosa di Hien su Lukaku, reprimendo invece quella di Di Lorenzo su Lookman. E ha consentito di menare impunemente prima Kvara (more solito) e poi, quando è entrato, Neres.
3. E veniamo a noi, che certo non abbiamo perso soltanto a causa dell’arbitraggio. Mi esprimo in modo assertivo e telegrafico. a) Meret ha responsabilità assai lievi: nessuna su primo e terzo gol; sul secondo, ne ha meno di quante ne abbia avute martedì Maignan sul tiro di Kvara (mettiamoci d’accordo: o Kvara col Milan ha segnato un gran gol, e l’ha fatto pure Lookman; oppure entrambi hanno segnato perché hanno sbagliato i portieri; i due gol sono in fotocopia). b) Lukaku è certamente ‘pachidermico’, e spesso anche goffo, ma, per un verso, è stato massacrato da Hien, protetto dalle decisioni di Doveri, e, per l’altro, soffre della pressoché totale assenza di schemi di gioco offensivi. c) La rosa del Napoli non è affatto inferiore a quella degli orobici. d) Bisogna poi chiarirsi su Conte, ma su questo si deve spendere qualche parola di più.
Dalle dichiarazioni post-gara cosa gli si può dire? Quasi nulla. Non ha scaricato responsabilità sui giocatori («Ho poco da rimproverare ai ragazzi per quello che hanno messo in campo», «I ragazzi hanno dato tutto», «In alcune situazioni potevamo fare meglio, ma non mi sento di dire niente ai ragazzi»). Ha riconosciuto la superiorità dell’avversario, dispensando pure una lezione di sportività («l’ostacolo oggi era molto alto e siamo sbattuti. Loro sono più avanti», «in questo momento l’Atalanta è più forte di noi», «se sei sportivo alzi le mani e dici di aver perso contro una squadra più strutturata e forte», «complimenti a loro, bisogna fare solo i complimenti e non fare chiacchiere»). Ha dichiarato che questo è lo stato attuale, ma chiarendo che non ha affatto intenzione di arrendersi («questo non significa che a fine anno non saremo noi più forti. Proveremo a migliorare e ad alzare il livello», «Le difficoltà ci saranno e non devono buttarci a terra», «Prima non eravamo fenomeni e oggi che abbiamo perso non siamo meno fenomeni di prima»). Ha sottolineato che ci vogliono lavoro, calma e pazienza («Con pazienza e voglia di lavorare si può creare una realtà come loro», «Ci deve essere un lavoro, ci vuole calma e pazienza»). Ha rivendicato di essere onesto e di non saper dire bugie («Quando parlo dico la verità e non lo faccio per piangere, odio le bugie e dire cose che non penso. Che piaccia o no dico sempre la verità»).
Tutto ok allora? No, non proprio. Anzitutto, deve smettere di ripetere che «l’anno scorso siamo arrivati decimi», perché l’anno prima, pressoché con gli stessi giocatori, avevamo vinto il campionato. E poi, abbiamo capito che «dobbiamo fare un percorso», e che non basta uno schioccar di dita perché «tutto si metta a posto»; ma, di grazia, ci vuole spiegare qual è il suo «progetto»?
Mi ripeto. L’estetica non c’entra. Non si tratta di inseguire il ‘bel gioco’ (anche se a nessuno dispiacerebbe, e anzi, come nel recente passato, ne saremmo fieri). Semplicemente si tratta almeno di intravedere – oltre alla ritrovata anima, alla grinta e alla voglia – riconoscibili trame di gioco offensivo. Semmai, dunque, c’entra la ‘filosofia’. Perché quella del ‘non gioco’, del «corto muso», alla lunga, non paga. In proposito, registro con favore che si siano attutite le voci plaudenti e trionfanti. Che la ragionevolezza cominci di nuovo a farsi strada. Che finalmente si riconosca la realtà: non abbiamo (non ancora? speriamo!) strategie studiate per attaccare gli avversari. Sembra che, grazie a Dio, si stia cominciando a capire che, a meno di non voler confidare su decisioni arbitrali illegittime (oltre che, naturalmente, sul kairos favorevole: se il tiro di McTominay sul palo fosse finito in fondo al sacco, chissà), non si può giocare esclusivamente sul contendente.
Diciamoci la verità. L’Atalanta ci ha battuto esprimendosi ‘alla Conte’. Anzi – meglio –, ha vinto come qui veniva a vincere la Juve di Conte. Picchiando duro, e usufruendo di una irritante protezione arbitrale. Stavolta, con l’ulteriore vantaggio di aver di fronte una squadra, diversamente dal passato, priva di qualsiasi schema di gioco offensivo. Insomma, il cinismo camaleontico con cui s’è vinto a Milano ci si è ritorto contro. Continuano a rilevarsi scarsissimi segnali di crescita nel gioco azzurro d’attacco. Allo stadio s’è sofferto come e più che col Lecce. Tutta la calma, la pazienza e la fiducia che si vuole. Il tifoso, del resto, non può che far questo. Occorre, però, anche altro. Non ci si può affidare solamente alla fantasia individuale, alla classe creativa dei singoli.
Ma poi, perché il mister – sebbene dall’alto si percepisse nitidamente che era furibondo – dopo la partita non ha detto una sola parola sull’arbitraggio di Doveri? Perché? Per favore, qualcuno glielo chieda. Ci faccia sapere se e come si pone rispetto alla questione delle decisioni arbitrali illegittime. Vuole battersi per la legalità, anche contro il ‘sistema’, o spera di ingraziarselo col silenzio?
P.S. Domenica sera, a San Siro con l’Inter, riavremo il vantaggio di poter giocare lasciando l’iniziativa all’avversario, difendendo in maniera arcigna e caparbia per sfruttare le ripartenze. Speriamo di non dover assistere all’ennesima direzione arbitrale segnata da disparità di trattamento".
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