La storia siete voi: Salvatore Carmando. Cavaliere con l'animo da scudiero
Ci sono persone che naturalmente si attaccano ad una realtà e ne rimangono folgorati a tal punto che l'unico modo per far si che si torni ad una situazione antecedente l'innamoramento è la pensione, o la morte.
C'è una persona che ha vissuto questo stato psicofisico, una persona che c'è sempre stata, sia nei giorni d'oro che in quelli meno felici. Questa persona non può che essere il cavaliere Salvatore Carmando.
Carmando, che definire fisioterapista sarebbe riduttivo, è colui che ha dedicato 35 anni della propria vita a proteggere e curare le fibre muscolari dei calciatori del Napoli. Per le sue abili mani sono passati campioni del calibro di Zola, Careca, Maradona, Castellini, ma anche, ahimè, di Calderon, Corrent, Saber e Gianello perché se ricordate le feste per lo scudetto la faccia di Carmando vi sarà familiare ma se ricordate anche la lenta discesa verso l'oblio noterete che con lo stesso entusiasmo Carmando c'è. Lui c'è sempre è ci sarà sempre come quei parenti o amici che, anche se non senti per un po', sai che sono lì e che alla prima chiamata loro si precipiteranno verso di te correndo, magari con una borsa del ghiaccio e magari intimandoti a restare giù se sei stato beccato da una monetina e se quella monetina può regalanti due punti d'oro per la corsa allo scudetto, perché fu proprio Carmando a dire ad Alemão di restare sdraiato dolorante in quel di Bergamo dopo l'increscioso fatto dato che il biondo brasiliano stava tranquillamente rialzandosi.
Carmando è stato il primo fisioterapista in grado di far vincere uno scudetto alla propria squadra.
In quella squadra c'era però il più grande di tutti ed un rapporto particolare correva tra Lui e il nostro Salvatore.
Diego lo scelse come massaggiatore della Nazionale Argentina nei vittoriosi mondiali di Messico '86, Maradona lo scelse come sua portafortuna. Indelebili sono le immagini del bacio sulla fronte prima della partita, in segno di rispetto, in segno d'affetto.
Carmando arrivò a Napoli nella lontana estate del 1974 e non se ne andrà fino al 2009, sotto la gestione Donadoni, dopo tanti compleanni festeggiati con tric-trac e botti natalizi, dopo tanti infortuni e tante feste.
È andato via senza avere le giuste ricompense e le giuste soddisfazioni, soddisfazioni che si è tolto ampiamente nel 2009 quando Silvio Berlusconi con un "Lei mi ha rubato uno scudetto con lo scherzetto della monetina" gli conferisce il titolo di Cavaliere ordine al merito della Repubblica Italiana.
Il cavaliere, spinto dal richiamo della sua terra, dopo aver abbandonato la squadra partenopea andrà a portare i suoi servigi nella decaduta Salernitana ma chi ama non dimentica: quando il Napoli andò al Santiago Bernabeu a giocare i 45' più belli della sua storia lui c'era, quando il Napoli andò a Stoccarda a conquistare la sua Coppa UEFA lui c'era ma c'era anche quando insieme a Sosa e Montervino la S.S.C. Napoli non c'era e nasceva dalle sue ceneri con il nome di Napoli Soccer. L'unica cosa che mi sento di dire è grazie per tutto ciò che ha fatto per noi.
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